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Murazzi, «ho visto la bici colpire in testa il ragazzo e ho urlato di scappare via»

Murazzi, «ho visto la bici colpire in testa il ragazzo e ho urlato di scappare via»

«Eravamo a fianco dei ragazzi quando hanno lanciato la bici. Mi sono sporta giù. Ho visto il telaio che ha colpito la testa di quel giovane e da lì ha fatto un movimento strano con il collo. Quando ho visto il ragazzo colpito, ho urlato “scappa, corri!” e siamo fuggiti». La confessione della giovane che fa parte del gruppo (di cinque) che la notte del 21 gennaio ha quasi ucciso uno studente scagliando una bici dalla balconata dei Murazzi è racchiusa in un biglietto. Su un foglio manoscritto che la 17enne, che si trova in carcere dall’otto febbraio, ha buttato giù di getto quando - il giorno dell’arresto - i carabinieri stavano perquisendo la sua casa. Quella confessione, in cui la ragazza (pur senza volerlo probabilmente) si auto-accusa, è riportata nelle motivazioni dell’ordinanza del tribunale del Riesame, che ha confermato il carcere per Victor Ulinici, 18enne difeso dall’avvocato Luigi Tartaglino, e imposto i domiciliari con il braccialetto elettronico per la coetanea Sara Cherici (assistita da Enzo Pellegrin e Federico Milano).

Secondo i giudici, nessuno dei due maggiorenni avrebbe raccontato la verità: Ulinici avrebbe coperto le due ragazze sostenendo che non avrebbero preso parte all’azione stando al loro fianco. E Cherici avrebbe sostenuto di avere urlato “no” ai tre ragazzi che lanciavano la bici e di essere sempre stata a distanza dall’altro lato della strada. Versioni per il Riesame «non credibili». L’unica persona che avrebbe raccontato, in sede di convalida dell’arresto, e attraverso il biglietto manoscritto, parte della verità, sarebbe la 17enne. Difesa dall’avvocata Annalisa Baratto, la ragazza ha confermato: «Eravamo a fianco dei ragazzi». Non dunque dall’altro lato di Lungo Po Cadorna.

Una frase che consolida, per i giudici, la tesi del «concorso morale»: pur non avendo sollevato materialmente la bici elettrica che colpì Mauro Glorioso, lo studente ricoverato in gravissime condizioni all’ospedale Cto di Torino, le due ragazze, guardando, affacciandosi e non impedendo l’azione dei tre maschi, sarebbero responsabili anch’esse del tentato omicidio, come contestato dalla pm Livia Locci. Scrive il Riesame, riferendosi alla testimonianza chiave della 17enne: «Ella ha precisato che i ragazzi, presa la bici, avevano attraversato la strada - momento in cui ella avrebbe percepito l’idea avuta - e che era al loro fianco al momento del lancio della bici, il che significa che li aveva accompagnati nel riattraversare Lungo Po Cadorna. Nel seguirli, è lei stessa che ha riferito di non avere detto nulla in contrario, di essersi sporta dopo il lancio e avere visto che una persona era colpita in testa, per cui aveva gridato: “Scappa, corri”. Tali ultimi particolari coincidono proprio con quanto notato dal testimone (un ragazzo che passava per caso di lì, ndr), che ha riferito che i ragazzi si erano sporti e che aveva sentito, pur avendo le cuffie, gridare: “Scappa, corri».

«Alla luce di tali elementi, la versione resa dalla Cherici non è credibile», rimarca il Riesame, che ha scarcerato la 18enne soltanto perché è incensurata e non perché non avrebbe commesso un reato. «Cherici ha concorso moralmente», prosegue il tribunale precisando che il proposito di scagliare giù dalla balconata una bici di 23 chili era una «idea che era stata approvata da tutti». La 17enne, in un altro passaggio della confessione scritta, aveva messo nero su bianco: «Eravamo al bar di piazza Vittorio quando abbiamo avuto questa idea».

Dopo il lancio che solo per un soffio non toglie la vita a Mauro, «il gruppo resta compatto nella fuga e prosegue la serata in perfetta armonia», scrivono i giudici, che concludono: «Il reato commesso è di enorme gravità e specialmente il fatto che sia stato posto in essere senza un reale motivo perché ubriachi, per passare la serata, per goliardia, per noia - rende l’azione ancora più allarmante e comporta che il rischio che gli indagati, se rimessi in libertà, compiano gesti analoghi ed è concreto ed attuale. Le modalità dell’azione e l’assenza di una reale motivazione, che francamente non è possibile ravvisare, rende gli indagati estremamente pericolosi, nel momento in cui con il loro comportamento hanno dimostrato che la vita di uno sconosciuto vale meno del loro divertimento».

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