L’ospedale dimenticato dopo la ristrutturazione diventa un Tossic Park
18 Marzo 2023 - 07:00
Si può calpestare un tappeto di siringhe, camminando lungo lo sterrato che conduce ai padiglioni abbandonati. Rimasugli delle ultime endovene dei tossici a pochi metri da dove entrano ed escono pazienti ed ambulanze. Superato il cancello, sul quale campeggia il beffardo biglietto «Metti sto tappo» con la foto di una siringa, ecco apparire l’ospedale fantasma. È il Birago di Vische, nato come sanatorio ad inizio Novecento, affacciato su un parco alberato lungo l’ansa della Dora. Vuoto e fatiscente, per la quasi totalità, ad eccezione di un’ala utilizzata per Medicina Interna e Geriatria. Un autentico spreco, insomma. E proprio nei giorni in cui si sta infiammando il dibattito sull’ospedale che planerà sul parco della Pellerina, nell’area oggi occupata dai giostrai, fa male vedere come una maxi-struttura sanitaria dietro all’Amedeo di Savoia sia spoglia e fatiscente. Fondato dalla Piccola Casa del Cottolengo e ispirato alla Palazzina di Caccia di Stupinigi, l’edificio del Birago di Vische è disposto su due piani e nel 1928 poteva contare su 75 posti letto per i reduci di guerra e i lavoratori. Bombardato durante il secondo conflitto mondiale, ricostruito, dopo il trasferimento all’ex Astanteria Martini del reparto pneumologico, il Birago di Vische è rimasto chiuso per molti anni prima di una nuova ristrutturazione che nel 2002 ha fatto riaprire metà del complesso, appunto per Medicina Interna e Geriatria. Il resto è abbandono e degrado. Erba che cresce ovunque, porte sfondate, vetri in frantumi, reti di ghisa al posto delle finestre con l’edera che si è impadronita di tutto. Dentro, macerie a terra e scale pericolanti. Attorno, nella parte retrostante, la recinzione di un cantiere dove non lavora nessuno. E oltre la cancellata, come detto, il tossic park. Drogati che quando non vanno a bucarsi sulla Baden-Powell - quella, per intenderci, nota come “ciclabile dei tossici” - vengono qui a consumare la loro dose. Ma nel comprensorio dell’Amedeo di Savoia, il Birago non è l’unico neo. I cantieri ci sono anche altrove, ad esempio al padiglione Denis, dove i pazienti devono convivere con i ponteggi, non proprio il massimo. Eppure l’Amedeo di Savoia si è sempre dimostrato un’eccellenza. Una volta di più, quando il Paese è stato sconvolto dalla pandemia. Qui è arrivato, due giorni dopo il Natale del 2020, il primo vaccino contro il Covid, con le dosi in scatoloni consegnate dai carabinieri nelle mani del professor Giovanni Di Perri, responsabile delle malattie infettive. Ma dietro un ospedale funzionante, ce n’è un altro, nascosto, in stato di abbandono. Proprio come il Maria Adelaide, chiuso dal 2016, che nonostante gli appelli dei cittadini e della politica non ha più riaperto, se non nel 2018 per ospitare i senzatetto. In attesa del presidio alla Pellerina, Torino deve anche fare i conti con i suoi ospedali “fantasma”.
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