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Lei gli chiede la separazione, lui rapisce la figlia di 3 anni

figlia rapita
Per una madre non potrebbe esserci incubo peggiore: che qualcuno le porti via la figlia. È successo, nella nostra città, alla mamma di una bimba di tre anni. Quando la donna ha comunicato al compagno di volersi separare, lui, il giorno in cui è arrivata la lettera, ha rapito la piccola mentre si trovava ai giardinetti durante un’attività del nido. E ha tenuto la bimba “sequestrata” a casa dei suoi parenti per 15 interminabili mesi. Finché il giudice civile, dopo numerosi solleciti e l’intervento dei servizi sociali, ha finalmente ordinato che la piccola risiedesse dalla madre, con affidamento condiviso. L’uomo è stato condannato per sottrazione di minore a dieci mesi di reclusione, dopo un’inchiesta complicata coordinata da Antonella Barbera. Ma la sentenza, pur ripristinando uno stato di giustizia, non lenisce alcun dolore. E nessuno restituirà mai a quella madre, che si è disperata per troppo tempo, e alla bambina, la forza di un legame che «l’imputato ha spezzato in tenerissima età», scrive nella sentenza la giudice Melania Eugenia Cafiero, che ricorda che non sono i singoli, ma la legge a «delineare i limiti nella gestione di un figlio». Se sbaglierà ancora, l’imputato (la cui pena è sospesa) finirà in carcere. Quello che il nostro sistema ha reso insopportabile per la mamma, sono i tempi della giustizia. Un anno e mezzo per riabbracciare (con vari limiti), la propria bimba. E la beffa, a poche ore dal rapimento, di sentirsi dire dai carabinieri: «Non possiamo fare niente, faccia denuncia». È la primavera del 2019 quando la donna, dopo mesi di forti tensioni con il compagno, si affida a un avvocato per avviare la separazione. Il suo (quasi) ex è al corrente di tutto. Il giorno in cui gli arriva la raccomandata che ufficializza l’iter della separazione, l’uomo va ai giardinetti davanti al nido dove si trova la figlia, e la porta via. Le maestre, interpellate più volte, dopo il fatto, dalla madre disperata, si limiteranno a dire: «Non vogliamo entrare in questo dissidio familiare». Per la madre della bambina inizia un calvario lacerante. Scopre che la piccola è dai parenti di lui. Bussa a quella porta più volte. Ma l’ex tiene la bambina in ostaggio. La donna allerta le forze dell’ordine, i servizi sociali intervengono, ma non cambia nulla. La piccola è “sequestrata” dai parenti di lui, che non la manda nemmeno più al nido. L’uomo, alla madre che lo supplica, “concede” di vedere la figlia per poche ore alla settimane solo in sua presenza, dopo averla perquisita e averle tolto il telefono. Solo dopo una battaglia legale di 15 mesi, il giudice civile ordina che la bimba torni dalla madre. Ma la sofferenza inflitta a entrambe è irreversibile.
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