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26 Luglio 2022 - 10:13
È famosa per essere la città delle lumache. Ma, per quanto l’elicicoltura sia un importante settore dell’economia cheraschese, è ingiusto ridurre questa cittadina della Granda a sola “capitale della lumaca”. Cherasco è infatti molto di più: è uno dei borghi piemontesi più belli, sicuramente da valorizzare ed elevare a piccolo simbolo del Piemonte centro-meridionale. Intanto per la vista che si gode dall’altura cheraschese. E poi per la sua storia, che risale al Medioevo (quando fu fondata) e che specie nell’età moderna si legò ad alcuni momenti - invero, spesso tragici - della storia subalpina.
La peste del 1630
Uno tra tutti: la peste del 1630. Quella raccontata dal Manzoni, sì. Solo che il “papà” di Renzo e Lucia descrisse l’epidemia a Milano, e tutti siamo convinti che la peste sia stata una cosa milanese o poco più. Il Piemonte fu colpito - eccome - e in alcuni casi si trattò di una vera strage. In questo contesto, a Torino era impossibile vivere; chi poteva, fuggiva nelle campagne. La corte scelse di sfollare a Cherasco, alloggiando a palazzo Salmatoris. Così, quando terminò il pericolo e i duchi poterono tornare nella capitale, mantennero un piacevole ricordo di Cherasco, finanziando la costruzione dell’arco monumentale che è ancora presente ed è il simbolo della città. La presenza della corte a Cherasco legò questa cittadina alla grande storia italiana: nel 1631 a palazzo Salmatoris fu firmato il trattato che poneva fine alla guerra di successione dei ducati di Mantova e del Monferrato.
L‘armistizio
Un altro trattato fu firmato in quel di Cherasco, questa volta disastroso per i Savoia: l’armistizio del 1796, con il quale il regno di Sardegna si arrendeva alle truppe rivoluzionarie di Napoleone Bonaparte, vincitore a Montenotte, Dego e Mondovì. Il generale còrso impose ai Savoia una serie di cessioni intollerabili; ma l’esercito era ormai allo stremo e Vittorio Amedeo III accettò. In questa occasione, pare che qualche cheraschese giacobino abbia sventolato per la prima volta in Italia il tricolore bianco, rosso e verde. Una vera “chicca”, in una cittadina che ha una storia sorprendente e poco nota.
Oggi, il centro storico ben conservato testimonia un passato ricco e importante. Un cenno va ancora fatto alla sinagoga, poiché a Cherasco era presente una cospicua comunità ebraica; era presente anche un piccolo ghetto. Un ultimo importante ricordo: nel 1706 a Cherasco fu traslata la Santa Sindone, per proteggerla dalle bombe dei francesi che stavano assediando la capitale del ducato. Anch’essa fu conservata a palazzo Salmatoris, il più noto degli edifici cittadini, in una saletta apposita che oggi è chiamata “sala del silenzio”, per il clima di raccoglimento che si respirava al tempo in cui la reliquia fu esposta.
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