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Lo scandalo
19 Giugno 2025 - 21:00
È bufera a Melbourne, dove sugli scaffali di un centro commerciale sono stati trovati gilet per bambini realizzati con pelliccia di gatto, venduti con etichette fuorvianti che li dichiaravano come 100% lana o pelle di pecora australiana. A far esplodere il caso è stato il DailyMail, in seguito a un’inchiesta condotta dal partito Animal Justice Party e dal collettivo Collective Fashion Justice.
I capi incriminati erano in vendita presso un negozio della catena Suttons UGG, mentre altri articoli, come berretti con pompon, sono stati individuati al Queen Victoria Market, nel cuore della città. Questi ultimi, dichiarati in etichetta come 100% acrilico, contenevano in realtà peli di volpe e procione.
Le analisi condotte da esperti forensi su fibre e tessuti hanno evidenziato la presenza di materiale animale non dichiarato, incluso quello di gatto e coniglio. L’allarme è stato immediato: la disinformazione intenzionale sulle etichette induce i consumatori a comprare inconsapevolmente pellicce vere, spesso provenienti da allevamenti esteri e in condizioni non regolamentate.
La parlamentare Georgie Purcell, portavoce dell’Animal Justice Party, ha commentato duramente l’accaduto: “Il messaggio non potrebbe essere più chiaro: la pelliccia è fuori moda. Che sia di cane, gatto, coniglio o volpe, è una pratica crudele e inaccettabile”. Il partito chiede ora un divieto totale sulla vendita di pellicce animali a livello statale e il blocco delle importazioni in Australia.
Secondo la legge australiana, affermazioni false o fuorvianti su etichette possono costare fino a 50 milioni di dollari di multa per le aziende e 2,5 milioni per i singoli. Nonostante ciò, un portavoce di Suttons UGG ha ammesso ad ABC News di non poter confermare con certezza l’origine della pelliccia utilizzata, riferendo solo che il fornitore l’aveva descritta come “un tipo speciale di pelliccia”.
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