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Il braccio di ferrovecchio

Closeup image of male bus driver in airport driving airport bus shuttle

Depositphotos

C’era una volta un tale, Beppe Cavalletta, che dopo una vita da saltimbanco cantastorie aveva deciso di cambiare mestiere. Aveva preso la patente D, comprato un pullman, fondato la ditta “5 astri”, e si era messo a organizzare gite scolastiche decidendone mete e percorsi. Guidava lui. I clienti non sapevano che era stato condannato negli anni ’80 a 14 mesi per omicidio colposo, avendo perso il controllo del suo veicolo e causato 3 morti. Lo ignoravano, o non lo ritenevano importante. Si fidavano. E così, grazie anche a una sapiente pubblicità in rete, la 5 astri era diventata un’azienda leader. A un certo punto Beppe, non riuscendo o non volendo passare l’esame CQC onde poter guidare anche per conto terzi, decise di assumere un autista, tale Cascineggio, che però si rivelò costoso, infido e avido. Pretendeva le mance dei gitanti e puntava al pullman. I clienti calavano paurosamente. Cavalletta lo liquidò e pensò di sostituirlo con un ex avvocato che si era improvvisato autista: Giuseppi Duca. Costui aveva l’aspetto affidabile, ma la mania di mettersi in mostra e il difetto di offrirsi a più padroni pur di guidare. Oggi guidava un pullman, domani quello del più acerrimo concorrente. Infatti, prima ancora di mettersi al volante, Duca volle che gli venisse intestato il 50% del pullman, e pretese di decidere lui mete e percorsi. Cavalletta lo mandò a stendere: “quello famoso, amato e ricercato sono io. Se tu vuoi comandare, affittati pure un pullman e guidatelo da solo: senza la sigla 5 astri resterai presto senza clienti”. Ogni giorno i media parlavano di questo “braccio di ferro”. La gente, in realtà, se ne fregava, ma la lite continuò. L’esito? Bòh… alla prossima puntata.

collino@cronacaqui.it
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