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Piazza Carlina

Piazza Carlina

Piazza Carlina (Depositphotos)

C’è da divertirsi sulla storia minore, a partire dalle origini dei nomi. C’è sempre chi, per dimostrarsi dotto, propone etimologie improbabili, come per la famosa “marenda sinòira”, lo spuntino di metà pomeriggio che si prolunga fino a divenire una vera e propria cena. Marenda sinòira, merenda che assomiglia a una cena. Oira è un suffisso piemontese che costituisce il femminile (sartòira) del suffisso eur o ur (sartur). Sinòira quindi significa “cenosa”. Ma c’è chi dice che deriva dal latino “sine ora” perché fatta a un’ora imprecisa.

Altrettanto vale per la torinese Piazza Carlina, che ospitò il mercato del vino da fine ‘600 a fine ‘800 e fu anche sede delle pubbliche esecuzioni durante il periodo napoleonico (423 ghigliottinati dal 1798 al 1814). Si dice che il popolo la chiamasse Carlina per i modi effeminati del Duca Carlo Emanuele II cui era dedicata. Una balla, altrimenti sarebbe lo stesso per l’Accademia Albertina.

Parimenti fantasiosa è la spiegazione del termine “infinocchiare” che risalirebbe ai brentatori di Piazza Carlina, usi porgere un finocchio e un pezzo di pane per “pulirsi la bocca” a chi assaggiava il vino, sapendo che dopo aver masticato finocchio il vino sembra migliore. Posto che sia vero vi sembra che un trucco simile non fosse arcinoto ai compratori? Sono segreti di Pulcinella.

Anche certi allevatori davano sale ai vitelli il giorno prima del mercato perché nella notte bevessero tanto e pesassero di più. Alcuni giungevano persino a riempire di sabbia il retto delle povere bestie. Ma era inutile. I compratori capivano la “salatura” dalla bava, e non esitavano a frugare nel retto per trovare la sabbia. No. Infinocchiare non deriva dai brentatori. Forse dai toscani che nella loro “finocchiona”(salame al finocchio) usavano carnaccia contando sull’effetto migliorante dell’ortaggio. E poi, chi se ne frega.

collino@cronacaqui.it
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