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Rischi consapevoli

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Ieri sono morti due spettatori durante una tappa del Rally dell’Appennino. Erano in piedi su un trincerone lungo un rettilineo, insieme ad altri, due metri sopra la strada. Mai più avrebbero pensato che nella strada dritta l’auto lanciata ai 160 sbandasse e usasse il trincerone da pedana per volare e atterrare come una falce su di loro. Sono due vittime della passione popolare per uno sport, le corse su strada, che continua ad attrarre spettatori anche dopo 64 anni che la più famosa corsa del genere, la 1000 miglia, fu abolita perché ad ogni edizione faceva vittime lungo il percorso. E poi rassegniamoci: non si può evitare la morte sempre, in ogni luogo e a tutti i costi.

C’è chi si sporge per cogliere un fiore lungo il sentiero e precipita nel burrone, chi scivola in casa e muore battendo la nuca su uno spigolo. Catlin-a è sempre in agguato. I rally continueranno, ed è giusto: gli appassionati seguiteranno ad andarci anche per il brivido di sfidarla. E’ una rivincita degli dèi contro la ùbris, la superbia umana che vorrebbe avere tutto sotto controllo. Ed è anche la rivincita della passione motoristica genuina contro le leggi della pubblicità che hanno relegato i rally ai margini delle pagine sportive, se non fuori, perché la Fiat non vi partecipa più. Adesso i media pretenderebbero, pensa tu, che ci appassionassimo al rally delle macchine elettriche, disputato in Groenlandia per far vedere che i ghiacci si sciolgono. Invece l’auto elettrica è e resta il re nudo, un bluff enorme che scomparirà appena sarà pronta quella a idrogeno. Nel frattempo continueremo a morire inseguendo il brivido dei bolidi ruggenti lanciati sulle stradine sterrate. Alla faccia del mainstream.

collino@cronacaqui.it
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