Internet café

Quando abitavo a XYZ passavo tutti i giorni più volte davanti a un bar con il déhors e i tavolini. Non era l'unico bar del paese, ma gli altri due non avevano il déhors, al massimo qualche sedia fuori, non ti potevi fermare a lungo. Un bicchiere e via. Preferivo lasciarli ai compulsivi del chupito al volo. In uno, poi, parlavano solo di affari e di lavoro. Nobbuono. Invece, passando accanto a quello col déhors, mi fermavo al di qua della siepe ed ascoltavo i discorsi degli amici seduti. Io li vedevo, ma loro no. Mi piaceva, osservarli. Solo se intervenivo da fuori si accorgevano della mia presenza. Allora, magari attratto dall'argomento, entravo e mi sedevo anch'io a parlare. Ma il più delle volte, dopo aver ascoltato un po' fa fuori, tiravo dritto. Avevo da fare, sarei ripassato dopo. E poi c'erano sempre gli stessi seduti a chiacchierare. Il déhors finiva per esser perennemente occupato da loro. Così mi fermavo sempre meno, buttavo giusto l’occhio per vedere chi c'era, senza badare più di tanto a quel che si diceva, e senza intervenire. Mi irritava vedere tutti i posti occupati sempre dagli stessi chiacchieroni, tutti convinti di dire cose importantissime, tutti persuasi che agli altri interessassero le loro faccende personali. Tiravo dritto non perché non ci fosse posto o mi venisse impedito di dire la mia anche da in piedi, ma perché qualche tavolino libero magari avrebbe invogliato gli amici che stimavo ad entrare, sedersi e dire cose interessanti invece delle cazzate che sentivo. Invece, davanti a quella canea, sapevo che anche loro avrebbero tirato dritto come me. Ecco, ora ricordo. Si chiamava Caffé Facebook. Gli altri due, Bar Twitter e Snack Linkedin. collino@cronacaqui.it