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BUONANOTTE

Addio, menestrello delle puppe a pera

Il commento di Manlio Collino

Addio, menestrello delle puppe a pera

Addio, menestrello delle puppe a pera

Voglio risarcire con questo flebile necrologio l’amico Francesco Nuti, il cabarettista-cantante-attore-regista toscano morto lunedì scorso. Amico per quanto lo si possa diventare cenando e cantando insieme per una notte, come mi capitò negli anni ’70 dopo una sua esibizione al Teatro Erba coi Giancattivi.

Aveva 9 anni meno di me e 19 meno di Berlusconi, ma il destino ha voluto che quest’ultimo gli abbia occupato, nel giorno comune della morte, ogni briciola di spazio. Francesco è morto senza che nessuno se ne sia accorto, perché tutti i media parlavano solo della scomparsa di Silvio.

E pazienza. Se come diceva Totò la morte è una livella, si saranno incontrati sull’ascensore che porta da San Pietro con addosso la stessa aureola. In terra il discorso era diverso, ma qualcosa in comune i due l’avevano. Intanto gli studi classici. Poi la passione per la musica, la canzone e le barzellette.

Gli esordi artistici giovanili in gruppo, la riuscita (serbatis distantiis) della carriera, i riconoscimenti, gli incassi, i premi, la passione per la topa. E l’incontro col demonio. Per Silvio rappresentato dalla perfida persecuzione delle toghe rosse, per Francesco dalla persecuzione di un demone più subdolo e letale: l’alcolismo.

Ma se la scomparsa dello statista di Arcore ha oscurato quella dell’artista di Prato, almeno in una cosa Nuti lo ha superato: nella durata dell’agonia. Ha messo in scena una morte culminata, sì, nel silenzio mediatico, ma durata 17 anni. Quasi un ventennio passato in carrozzella, muto e paralizzato per una brutta caduta da ebbro per le scale. Una morte lenta e penosa, vista anche in Tv. Che sia finalmente giunta a compimento è quasi un sollievo. Arrivederci lassù, Willy Signori.

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