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Mala del Brenta

Il braccio destro di Felice Maniero tenta il suicidio

Gino Causin, 78 anni era ricoverato nel repartino per detenuti dell'ospedale Molinette di Torino

Gino Causin

Gino Causin deve scontare l'ergastolo

La parabola criminale di Gino Causin, 78 anni, detto il “compagnatore”, uno degli esponenti del gruppo dei “mestrini” della “mala del Brenta” si è esaurita in un profondo buco nero nel repartino penitenziario delle Molinette. L’ex capobastone tuttofare, detenuto da un anno e mezzo (scontava l’ergastolo in semilibertà, provvedimento che poi gli è stato revocato), piegato dai malanni dell’età, forse non più presente a se stesso e affogato nel rimpianto e nei rimorsi, ha tentato di farla finita, impiccandosi con il lenzuolo del suo letto di dolori.

È stato salvato per miracolo da un agente della Penitenziaria in servizio e da un infermiere ed è tornato, queste sono state le sue prime parole, a soffrire «como un càn», dopo i tempi d’oro di tanti anni fa. Lui, con gli altri “mestrini” era un sopravvissuto della “mala del Brenta”, dopo i pentimenti più o meno contriti del boss Felice Maniero. Per questo Causin e gli altri avevano giurato di fargliela pagare. Per qualche tempo sono riusciti a rimettere in piedi la “baracca”. Hanno commesso rapine, estorsioni, hanno spacciato droga al Tronchetto e in piazzale Roma a Venezia. 

La rinascita della mala non è durata molto e Causin, Gilberto Boatto, Roberto Paggiarin, Paolo Tenderini e Paolo Pattarello, capi storici del sodalizio criminale, sono finiti tutti in manette

I “mestrini” si erano anche inventati il gruppo degli “intromettitori” che agivano come intermediari, indirizzando i turisti verso determinati negozi, vetrerie, ristoranti ed alberghi compiacenti, quelli che pagavano il pizzo. Ma la rinascita della mala non è durata molto e Causin, Gilberto Boatto, Roberto Paggiarin, Paolo Tenderini e Paolo Pattarello, capi storici del sodalizio criminale, sono finiti tutti in manette. Dietro le sbarre, però, “la bella vita” è finita subito: non più donne, ristoranti stellati, pacchi di banconote per spendere e spandere e, ciò che più conta, almeno per Causin, l’età avanzata ha inesorabilmente cancellato ogni speranza o prospettiva.

In più il “compagnatore” ha anche dovuto fare i conti con una salute cagionevole, con il Covid che lo ha costretto, pur risparmiandogli al vita, a una lunga degenza in ospedale e ad una convalescenza difficile con continue ricadute. Il “compagnatore” ha detto basta e con un moto disperato ha tentato di farla finita e ci sarebbe riuscito se il piantone non fosse arrivato in tempo, costringendolo ancora a una «vita da càn».

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