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Mala del Brenta
13 Marzo 2023 - 18:21
Gino Causin deve scontare l'ergastolo
La parabola criminale di Gino Causin, 78 anni, detto il “compagnatore”, uno degli esponenti del gruppo dei “mestrini” della “mala del Brenta” si è esaurita in un profondo buco nero nel repartino penitenziario delle Molinette. L’ex capobastone tuttofare, detenuto da un anno e mezzo (scontava l’ergastolo in semilibertà, provvedimento che poi gli è stato revocato), piegato dai malanni dell’età, forse non più presente a se stesso e affogato nel rimpianto e nei rimorsi, ha tentato di farla finita, impiccandosi con il lenzuolo del suo letto di dolori.
È stato salvato per miracolo da un agente della Penitenziaria in servizio e da un infermiere ed è tornato, queste sono state le sue prime parole, a soffrire «como un càn», dopo i tempi d’oro di tanti anni fa. Lui, con gli altri “mestrini” era un sopravvissuto della “mala del Brenta”, dopo i pentimenti più o meno contriti del boss Felice Maniero. Per questo Causin e gli altri avevano giurato di fargliela pagare. Per qualche tempo sono riusciti a rimettere in piedi la “baracca”. Hanno commesso rapine, estorsioni, hanno spacciato droga al Tronchetto e in piazzale Roma a Venezia.
La rinascita della mala non è durata molto e Causin, Gilberto Boatto, Roberto Paggiarin, Paolo Tenderini e Paolo Pattarello, capi storici del sodalizio criminale, sono finiti tutti in manette
I “mestrini” si erano anche inventati il gruppo degli “intromettitori” che agivano come intermediari, indirizzando i turisti verso determinati negozi, vetrerie, ristoranti ed alberghi compiacenti, quelli che pagavano il pizzo. Ma la rinascita della mala non è durata molto e Causin, Gilberto Boatto, Roberto Paggiarin, Paolo Tenderini e Paolo Pattarello, capi storici del sodalizio criminale, sono finiti tutti in manette. Dietro le sbarre, però, “la bella vita” è finita subito: non più donne, ristoranti stellati, pacchi di banconote per spendere e spandere e, ciò che più conta, almeno per Causin, l’età avanzata ha inesorabilmente cancellato ogni speranza o prospettiva.
In più il “compagnatore” ha anche dovuto fare i conti con una salute cagionevole, con il Covid che lo ha costretto, pur risparmiandogli al vita, a una lunga degenza in ospedale e ad una convalescenza difficile con continue ricadute. Il “compagnatore” ha detto basta e con un moto disperato ha tentato di farla finita e ci sarebbe riuscito se il piantone non fosse arrivato in tempo, costringendolo ancora a una «vita da càn».
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