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il raptus

Preso a martellate dal figlio, pensionato Rai in fin di vita: aveva l'Alzheimer

Il dramma della malattia di un padre, e della solitudine di una famiglia lasciata sola a gestirlo. Il figlio, in preda a uno scatta d'ira, ha cercato di ucciderlo

L'interno del cortile di corso Bramante 62

Il luogo del tentato omicidio

È sceso di casa con il padre, come faceva ogni volta che poteva, per fare con lui il giro dell’isolato: comprare il giornale, fare due passi, buttare l’immondizia. Ma sabato mattina (29 aprile), quel rituale ormai consolidato tra padre e figlio, che era iniziato da quando all’anziano era stato diagnosticato l’Alzheimer, è stato interrotto da un raptus brutale. Il figlio, quando era col genitore nel cortile di casa, ha preso un martello e ha colpito più volte il papà sulla testa, sulla faccia, infierendo con una serie di colpi che hanno lasciato la vittima, esanime, a terra.

Enrico Placido Sergi, 71enne originario di Paternò, pensionato della Rai residente da almeno vent’anni in corso Bramante 62, è rimasto a terra, in un lago di sangue. All’ingresso del casotto dei bidoni dei rifiuti del condominio sorto oltre mezzo secolo fa, per ospitare i lavoratori dell’ex Atm, il cui deposito sorge sullo stesso corso, poco più avanti. Il figlio della vittima, Raffaele Sergi, informatico incensurato di 45 anni, è stato trovato dagli agenti delle Volanti poco dopo il delitto, verso le undici, mentre camminava in via Nizza. I poliziotti, che lo stavano cercando, lo hanno riconosciuto perché aveva i vestiti sporchi di sangue. «Sì, sono stato io a colpire mio padre», avrebbe detto il 45enne agli agenti, che lo hanno portato in questura e consegnato agli uomini della squadra mobile, titolari dell’indagine.

Raffaele Sergi, 45 anni, fermato per tentato omicidio, in una foto scattata durante il gioco del soft air (con armi finte)

Nel pomeriggio, quando il quadro del tentato omicidio è diventato più chiaro, Sergi è stato fermato per tentato omicidio. La pm Fabiola D’Errico ha interrogato l’uomo fino a sera, alla presenza dei suoi avvocati difensori, Fulvio Violo e Roberta Rossetti.
Il movente del delitto andrà chiarito, ma i contorni del contesto aiutano a comprendere la dinamica, che resta racchiusa nelle relazioni familiari tra i due coniugi e il figlio, che era molto spesso a casa dei genitori, al quinto piano di una delle palazzine del comprensorio, da quando il padre soffriva della malattia neuro degenerativa.


Il 45enne, che ha l’hobby della fotografia e del soft air, il gioco alla guerra con armi giocattolo, è descritto come «schivo e taciturno» dai vicini di casa. Raffaele Sergi non ha precedenti penali e non risulta avere problemi psichiatrici diagnosticati. Ultimamente, il clima in casa era sempre più pesante: la malattia del padre, molto grave, aveva provato psicologicamente sia la moglie che il figlio, che probabilmente avrebbe agito in preda all’esasperazione, dopo l’ennesima lite con il genitore.
«Era da un po’ di tempo che non vedevo il signor Enrico, lavorava all’Ict della Rai in via Cernaia - racconta un altro - fino a un anno fa era sorridente, salutava, e a volte donava qualche libro che un tempo era appartenuto ai suoi figli ai bambini del palazzo. Poi, circa un anno fa, è cambiato: si è spento».


«Enrico e la moglie Maria, che faceva l’insegnante, sono bravissime persone - conferma una signora che vive nella palazzina di fronte -vivono qui da almeno vent’anni. Hanno due figli: uno vive altrove, da tempo. L’altro figlio invece spesso era da loro».
«Sono brave persone, riservate», aggiunge un’altra residente, che rammenta un dettaglio non irrilevante: «Recentemente di notte sentivamo dei forti rumori provenire da quella casa. Come se spostassero dei mobili, c’erano dei tonfi. Ci sembrava strano sentire dei colpi simili nel cuore della notte, ma non abbiamo mai osato chiedere perché».
Erano rumori riconducibili a litigi? O alla malattia del padre? Non è chiaro. La squadra mobile sta ricostruendo gli ultimi pezzi di un puzzle tragico, ormai quasi chiuso. Mentre Enrico Sergi lotta tra la vita e la morte, ricoverato all’ospedale Cto, dove è stato operato. A dare l’allarme, ieri mattina, è stato un vicino: «Dovevo spostare l’auto dal cortile. Sono sceso e ho visto un lago di sangue. Ho subito riconosciuto il signor Enrico. Il volto era in condizioni terribili». In attesa che arrivasse l’ambulanza, due infermieri che vivono nel comprensorio sono scesi per provare a rianimare la vittima, prima che l’ambulanza la portasse via.

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