l'editoriale
Cerca
L'EDITORIALE - IL BORGHESE
02 Settembre 2023 - 07:00
Lo strazio dei famigliari degli operai di Brandizzo
Morire sul lavoro, ma non per una fatalità o per l’errore a cui non si può rimediare. I cinque operai dilaniati dal treno a Brandizzo, di errori non ne avevano commessi. Sono stati falciati a tradimento, dal locomotore che li ha investiti di spalle e non hanno neppure avuto il tempo di lanciarsi da una parte o dall’altra. Lavoravano lì, su quel binario, perché avevano ricevuto questa disposizione dal loro capo squadra, che a sua volta aveva avuto il via libera dall’ispettore di Rfi.
Sarebbe stato tutto regolare, non ci sarebbero state colpe o “dolo eventuale”, se l’autorizzazione fosse stata concessa secondo i protocolli stabiliti, cioè in forma scritta e dopo una verifica con la centrale operativa di Chivasso sui treni in transito e su quelli in ritardo. Ma non funziona così, quasi mai si ottempera alle norme e alle regole stabilite in materia di sicurezza sul lavoro. «Bisogna fare in fretta»; «prima finiamo e prima ce ne andiamo»; «certe scartoffie fanno solo perdere del tempo prezioso» e si sa che il tempo è denaro. Denaro essenziale per la sopravvivenza di piccole medie aziende che lavorano in regime di appalto o in subappalto per enti pubblici o multinazionali; denaro che «serve anche per pagare i vostri stipendi», ed è questa la forma di ricatto più vile e oltraggiosa per chi rischia la vita (come i cinque operai morti a Brandizzo), solo per un tozzo di pane.
Ne è ampiamente consapevole la procuratrice di Ivrea Gabriella Viglione che ieri ha dichiarato: «Gli accertamenti proseguono per verificare esattamente se e quanto possa essere considerata sicura la procedura complessiva, anche quella che stava a monte di questo momento. È evidente che quanto accaduto ha reso palese che il meccanismo di garanzia non era sufficiente a tutelare adeguatamente un lavoro così delicato in una sede così pericolosa come è la sede dei binari ferroviari». L’inchiesta, dunque, proseguirà, ben oltre il “caso Brandizzo”, per la tenacia di un magistrato che vuole vederci chiaro e che intende accertare ciò che alcuni addetti alla manutenzione della ferrovia hanno detto a denti stretti dopo la tragedia. «Si fa sempre così - non si stupiscono gli operai -, si iniziano i lavori dopo una telefonata, seguendo la disposizione comunicate a voce da chi dirige i lavori. Le scartoffie si compilano in un secondo tempo, a lavoro finito. Se non fosse così i tempi si dilaterebbero e chissà dove andremmo a finire... Per cento interventi, 99 vanno bene, ma poi ti capita qualcosa di storto proprio al centesimo, e le persone muoiono».
Lo aveva scritto su Facebook anche Michael Zanera, una delle vittime: «Salto da una rotaia all’altra, evitando i treni che passano... questo è il mio lavoro». E allora, per quel tozzo di pane a fine mese, c’è chi non esita a rischiare la propria vita e, quando lavora, lo fa sempre con il cuore in gola. Proprio ieri Edi Lazzi, segretario generale della Fiom torinese ha tuonato: «È il moral hazard (il rischio mortale) che spinge le imprese, per velocizzare i processi produttivi e tagliare i costi, a bypassare i sistemi di sicurezza. Nelle fabbriche, soprattutto quelle dove il sindacato non c’è, per fare più in fretta si disattivano i dispositivi di sicurezza». Soprattutto in quelle aziende dove il sindacato non c’è, ma spesso anche in quelle dove il sindacato è presente (come alla Thyssen), e in quelle piccole “boite” dove si lavora per conto terzi e non si va tanto per il sottile.
Ieri a Brandizzo si è palesato anche il presidente della commissione parlamentare d’indagine sulle condizioni di lavoro, lo sfruttamento e la sicurezza, Tino Magni che ha detto: «Parti sociali, imprese... dobbiamo evitare di fare dichiarazioni e basta. Vorrei essere il presidente che cerca di affrontare questo tema facendo in modo che la sicurezza non sia considerata un costo, ma il fatto centrale. Perché senza non si può parlare di lavoro». Che sia questa la volta buona è difficile dirlo, anche perché, da quando è andato in pensione, e sono ormai alcuni anni, l’ex magistrato Raffaele Guariniello, oggi consulente parlamentare, lavora al codice sulla sicurezza nei posti di lavoro, ma il varo del tomo sembra ancora lontano. E poi, ci saranno pure le regole, ma il ricatto del “tozzo di pane” resta il maggiore incentivo per disattenderle.
LEGGI SULLO STESSO ARGOMENTO
I più letti
CronacaQui.it | Direttore responsabile: Andrea Monticone
Vicedirettore: Marco Bardesono Capo servizio cronaca: Claudio Neve
Editore: Editoriale Argo s.r.l. Via Principe Tommaso 30 – 10125 Torino | C.F.08313560016 | P.IVA.08313560016. Redazione Torino: via Principe Tommaso, 30 – 10125 Torino |Tel. 011.6669, Email redazione@cronacaqui.it. Fax. 0116669232 ISSN 2611-2272 Consiglio di amministrazione: Presidente Massimo Massano | Consigliere, Direttore emerito e resp. trattamento dati e sicurezza: Beppe Fossati
Registrazione tribunale n° 1877 del 14.03.1950 Tribunale di Milano
La società percepisce i contributi di cui al decreto legislativo 15 maggio 2017, n. 70. Indicazione resa ai sensi della lettera f) del comma 2 dell’articolo 5 del medesimo decreto legislativo..