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LE INDAGINI

Tre indagati per la strage sui binari, ecco chi sono - LA VIDEO INTERVISTA ALLA PROCURATRICE DI IVREA

La procura valuta altre posizioni dopo il tragico incidente in cui hanno perso la vita cinque operai

Sarebbero almeno 3 le persone che la procura di Ivrea ha iscritto nel registro degli indagati, presunti responsabili, «ma a vario titolo» dei “morti sulle rotaie” di Brandizzo. La procuratrice di Ivrea Gabriella Viglione, tornata in sede, interrompendo le ferie estive, e le sue sostitute Giulia Nicodemi e Valentina Bossi, hanno trascorso gli ultimi giorni (notti comprese) a spulciare i documenti acquisiti dai militari della polizia giudiziaria a Rfi e alla ditta Si. Gi. Fer. (a cui erano stati affidati i lavori di manutenzione in regime di subappalto) e a interrogare, sopravvissuti e testimoni della tragedia sul lavoro.

E così ieri sono stati emessi i primi avvisi di garanzia destinati al caposquadra Si. Gi. Fer. Andrea Girardin Gibin, all’ispettore di Rfi di cantiere Antonio Massa e al responsabile di turno del traffico treni alla stazione di Chivasso. Inoltre, la procura sta prendendo in esame anche la possibilità di contestare il «dolo eventuale» ai reati di omicidio e di disastro ferroviario. Viglione, sia pur a passi di piombo, ripercorre il sentiero intrapreso nel caso Thyssen dall’allora procuratore aggiunto Raffaele Guariniello. Il 6 dicembre del 2007, nello stabilimento di Torino, morirono sul lavoro, bruciati dalle fiamme, 7 operai del colosso tedesco e per quella vicenda sono stati condannati alcuni responsabili della multinazionale.

La ricostruzione di quanto accaduto a Brandizzo, allo stato dei fatti e in base agli elementi in possesso della magistratura, parte dall’inosservanza dei protocolli di sicurezza. Il capo squadra della ditta subappaltatrice avrebbe dovuto rifiutarsi di iniziare i lavori, perché, secondo i magistrati, non gli era stato consegnato il nulla osta scritto da parte di Rfi. Nulla osta che l’ispettore Rfi sul posto non aveva compilato, limitandosi, presumibilmente, ad un via libera in forma orale. Ma anche lui non aveva ricevuto da parte del responsabile smistamento del traffico dei treni di Chivasso, nessun documento che autorizzasse l’inizio dei lavori, forse solo un assenso via telefono. Nessuno, neppure a Chivasso, si era accorto dell’arrivo del convoglio proveniente da Alessandria e diretto a Torino Porta Nuova che viaggiava, tra l’altro, con 25 minuti di ritardo. I dipendenti di Rfi potrebbero aver pensato che il convoglio fosse già transitato da Brandizzo, oppure che il ritardo avrebbe consentito di ultimare l’intervento sui binari.

LA PM GIULIA NICODEMI DELLA PROCURA DI IVREA

Una serie di «errori di comunicazione» che, almeno dalle prime risultanze,, sembrano essere frequenti, o meglio, sarebbe prassi consolidata quella di non attenersi ai protocolli, «compilando scartoffie che servono solo a perdere tempo». In questo senso il rischio non è più calcolato e, pertanto, la consapevolezza di un comportamento illegittimo continuato, sarebbe l’elemento su cui si fonderebbe il «dolo eventuale» che la procura di Ivrea avrebbe deciso di contestare agli indagati. Per ora tre, ma il numero potrebbe crescere di giorno in giorno e riguarderebbe personale dirigente di Rfi e della ditta subappaltatrice Si. Gi. Fer. Insomma, gli operai deceduti non avrebbero colpi e sarebbero stati «mandati a morire». Scagionati, anche, i due macchinisti.

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