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Covid, influenza e virus sinciziale: ecco i sintomi e come riconoscerli

Febbre, raffreddore e mal di gola fanno tornare la paura dei contagi, l'infettivologo Di Perri: «Meglio vaccinarsi»

Covid, influenza e virus sinciziale: ecco i sintomi e come riconoscerli

Febbre, mal di gola e mucose infiammate. Sintomi considerati “tradizionali” per l’influenza di stagione che, quest’anno, ha cominciato a circolare attraverso una variante del virus H1N1. A completare la lista, poi, ci sono quei segnali di affaticamento e debolezza muscolare diffusa che, spesso, fanno da campanello d’allarme del contagio procurandoci un malessere generale e la tipica congestione nasale che eliminerà ogni dubbio. Se non quello del Covid, per cui, resta valido il consiglio di fare il tampone anche solo in caso di una minima incertezza. In circolazione, infatti, con l’arrivo della stagione fredda ci sono almeno tre virus che si contendono le vittime in contemporanea. Influenza, Covid e Virus Respiratorio Sincinziale i cui sintomi, spesso, finiscono non solo per somigliarsi ma addirittura si sovrappongono. La velocità con cui questi aumentano o peggiorano, invece, fa la differenza. Se quelli dell’influenza si manifestano spesso dopo un solo giorno dal contatto con un malato e, comunque, con maggiore rapidità dal primo male alle ossa e alla debolezza muscolare. Cinque giorni di incubazione, invece, richiedono gli altri due virus, che hanno tempi più lunghi dell’influenza nel manifestarsi.

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Il nemico, forse, peggiore non è ancora arrivato. Ma potrebbe essere già dietro l’angolo, con i primi starnuti e febbriciattole, per dar manforte ai contagi da Covid. L’infettivologo Giovanni Di Perri, guardando agli ultimi bollettini da quando è partita la sesta fase della campagna vaccinale, non si sbilancia in valutazioni ma ha chiari quali potrebbero essere i potenziali “alleati” del virus nelle sue ultime varianti e alzare, così l’asticella del rischio. A partire dall’influenza stagionale. «Per ora è presto per dare una valutazione rispetto a questa nuova campagna vaccinale contro il Covid e le categoria per cui è prevista, dal momento che non si osserva una particolare recrudescenza del virus ed è appena partita. Oltre ad un’altra variabile, che va tenuta in considerazione: continuiamo ad avere un numero contenuto di contagi perché una parte della popolazione è ancora immunizzata, anche a causa di una precedente infezione» spiega il virologo dell’Università degli Studi di Torino e direttore dell’Infettivologia all’Amedeo di Savoia. «Temo che il “grosso” si vedrà con l’arrivo dell’influenza anche nel quadro di una popolazione molto anziana con una complessità di patologie, per cui è meglio davvero prevenire».

Profilassi che, anche in questo caso, non sembra essere decollata nonostante sia già novembre. Lo scorso anno, invece, la copertura in Piemonte si era assestata appena sotto la media nazionale del 20% con il 18,8% della popolazione protetta, almeno, per la scorsa stagione. Quanto al Covid, invece, la profilassi contro le più recenti mutazioni - Eris e Pirola - conta 5.469 vaccini iniettati come “sesta dose”, con una media settimanale non superiore alle 3mila somministrazioni in Piemonte. Numeri che non ricordano, certo, quelli degli anni passati almeno in questo momento. «Non credo che si vaccinino meno persone per cattiva volontà ma anche perché, al momento, non sarebbe così necessario ed è cambiata, almenno in parte, l’organizzazione della campagna. Non ci sono più gli “hub” nello stesso numero di quelli che c’erano fino a qualche tempo fa, sebbene a Torino, ne restino operativi ancora due» chiosa Di Perri. «In questa fase c’è un impegno rivolto alle persone più anziane che sono anche quelle esposte a più infezioni, per cui bisogna mantenere alta la protezione contro un “mosaico” di potenziali pericoli, dallo pneumococco all’influenza stagionale».

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