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La sentenza

Accoltella il fidanzato dell’amante. Ma il processo diventa un giallo

Un 58enne torinese è stato condannato per lesioni: «Non è stato lui»

Accoltella il fidanzato dell’amante. Ma il processo diventa un giallo

Immagine di repertorio

Secondo la procura, qualcuno voleva uccidere quell’uomo arrivato in ospedale con una profonda ferita sul fianco. Ma chi lo ha accoltellato? La pm Virginie Tedeschi aveva accusato il rivale in amore della vittima. Ma poi, alla fine del processo per tentato omicidio, ha chiesto di assolvere quel 58enne torinese perché «non c’è la certezza che sia stato davvero lui». Aggiunge la legale dell’imputato, Cristina Lavezzaro: «Il vero aggressore è un altro: la persona offesa ha indicato il suo rivale perché voleva metterlo nei guai». Alla fine la giudice Rosanna La Rosa ha comunque condannato l’imputato a 4 anni e 3 mesi per lesioni dolose aggravate dall’aver messo in pericolo la vita della persona offesa.

Le cinque versioni
Per ora è questa la “verità processuale” di una storia con i contorni del giallo, in cui si mischiano mistero, sangue e gelosia. Di certo c’è un fatto: il 25 gennaio 2020 un uomo si presenta in ospedale con una una ferita provocata da un’arma da taglio, arrivata talmente in profondità da sfiorargli il colon. Si salva solo grazie all’intervento dei sanitari e al fatto di essere in sovrappeso.

Si apre un’indagine e la vittima cambia versione cinque volte su quanto successo poche ore prima in via Oxilia, davanti a un negozio di telefonia fra corso Vercelli e corso Giulio Cesare: in un’occasione dice di essersi intromesso in una rissa, in un’altra che è caduto. E infine che si era trattato di uno scambio di persona. I poliziotti storcono il naso ma indagano lo stesso. E, attraverso l’analisi delle celle telefoniche e di una telecamera di sorveglianza, riescono a dare un volto all’aggressore. Poi, quando mostrano le immagini alla vittima, lui gli dà anche un nome: «Giuseppe». E aggiunge di essere stato ferito con la chiave di un’Audi: l’inchiesta dimostrerà che non era possibile e che si trattava di un coltello. Però gli inquirenti rintracciano quel “Giuseppe”, che guida proprio un’Audi. E scoprono che si tratta dell’amante della donna frequentata dall’aggredito: in pratica l’amante avrebbe tentato di uccidere il fidanzato ufficiale per dargli una lezione e farli accettare la relazione. Visto che, da tempo, l’uomo era geloso e chiedeva alla compagna di cancellare i messaggi di Giuseppe e di smettere di frequentarlo.

«Non è stato lui»
Definito il possibile movente e individuato il presunto aggressore, si arriva al processo. E i colpi di scena continuano: la vittima non si costituisce parte civile e, quando viene chiamato a testimoniare, non si presenta in aula per bene tre volte. Ma la vera sorpresa è la richiesta del pubblico ministero, che ricorda come la vittima fosse già stata accoltellata una volta nel 2002 ma non l’aveva mai denunciato: «In questo processo non si è raggiunta la prova oltre ogni ragionevole dubbio della responsabilità: per questo chiedo l’assoluzione dell’imputato». Assist perfetto per l’avvocato Lavezzaro, che difende Giuseppe insieme alla collega Raffaella Zucchetti: «I testimoni non hanno riconosciuto il mio assistito nei filmati di sorveglianza. Credo che l’altro stia nascondendo l’identità del suo vero aggressore e speri che non si indaghi più, in modo da mettere nei guai il suo rivale in amore».
Se fosse davvero così, sarebbe riuscito nel suo intento. Almeno nel processo di primo grado, vista la condanna di Giuseppe a 4 anni e 3 mesi.

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