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IL CASO

Regina Margherita "autonomo", donne in rivolta

La protesta della neonatologia universitaria del Sant'Anna esclusa dal piano, supportata da minoranza e associazioni femministe

Regina Margherita "autonomo", donne in rivolta

Raduno di Babbi Natale davanti all'ospedale infantile Regina Margherita di Torino (foto di repertorio).

L’autonomia dell’ospedale Regina Margherita, votata a maggioranza in Consiglio regionale, ha scoperchiato un vero e proprio vaso di pandora. Oltre che dalla minoranza, le proteste arrivano anche dal vicino di casa: l’ospedale Sant’Anna, o meglio dalla ginecologia, ostetricia e neonatologia universitaria della “grande culla” di via Ventimiglia.

«Il modello di separazione della neonatologia dall’ostetricia è contrario al modello effettuato negli anni» si legge nella lettera di protesta guidata dalla professoressa Chiara Benedetto, direttore della Ginecologia e Ostetricia universitaria del Sant’Anna. «La gestione di qualsiasi gravidanza a rischio (per patologia materna o fetale) - prosegue - richiede la presa in carico precoce da parte degli specialisti ostetrici, che immediatamente coinvolgono i neonatologi in gestione congiunta lungo tutto il percorso assistenziale e decisionale, durante la gravidanza, il parto e il puerperio».

Con lo scorporo, a rischio, secondo l’Università, sarebbe proprio la donna: «Nell’ottica della salvaguardia delle cure rivolte alla donna, riteniamo fondamentale mantenere una continuità fra l’area ginecologica e ostetrica, da considerarsi inscindibili».

Al tema si è interessata anche l’associazione “Torino Città delle donne”: «E’ fondamentale che l’ostetricia, che si occupa della gestante e del feto, e la ginecologia, che si occupa della donna al di fuori della gravidanza, continuino a far parte di un’unica specialità medico-chirurgica e non vengano separate, per assicurare quel continuum di cure che nell’arco degli anni si è dimostrato in grado di garantire un’ottima tutela della salute della donna. Allo stesso modo - aggiungono - è anacronistico ipotizzare una separazione organizzativa dell’ostetricia dalla neonatologia, la cura della madre da quella del suo bambino».

L’associazione Torino Città per le donne auspica quindi: «che il modello vincente dell’ospedale Sant’Anna, che da anni tutti invidiano a Torino, possa essere valorizzato nel progetto del Parco della Salute e non sia invece frammentato seguendo logiche politiche che non tengano conto dei reali bisogni di salute delle donne e dei loro neonati».

Preoccupato per la separazione, insieme a tutta la minoranza, è anche il vicepresidente del Consiglio regionale, Daniele Valle: «Per prima cosa la maggioranza non ha idea di quanto possa costare questa operazione, in seconda battuta il problema si amplierà ulteriormente quando verrà realizzato il nuovo Parco della salute, se il Sant’Anna verrà trasferito e il Regina Margherita sarà autonomo come collaboreranno i due presidi sanitari?». Ma i problemi, secondo Valle e la minoranza, potrebbero sorgere già a gennaio, quando verrà ufficializzata la delibera.

A chiedere spiegazioni anche i sindacati Ggil, Cisl e Uil di categoria: «Non siamo stati interpellati ma questo distacco pone tanti dubbi sulla gestione del personale e dei fondi, pertanto chiediamo un confronto con l’amministrazione». Peccato che il nuovo dirigente del Regina Margherita non sia ancora stato nominato.

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