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Tecnologia & Diritti

Da Kafka a Orwell, ecco la democrazia italiana alla prova del Grande Fratello

Vite spiate: dal dossieraggio illegale alla divulgazione di informazioni personali. Viaggio nel cuore oscuro delle istituzioni

Da Kafka a Orwell, ecco la democrazia italiana alla prova del Grande Fratello

Ma come è possibile, si chiede sgomento l’uomo della strada e il semplice profano cittadino che crede di essere tutelato nella sua sicurezza, nei suoi diritti e nella sua libertà dallo stato, nello scoprire che all’interno della DNA (Direzione Nazionale Antimafia) si svolgeva una, con tutta evidenza illegale, attività di dossieraggio, di controllo di cittadini, con accesso ai loro dati sensibilissimi nelle varie banche dati. Ma di più. Questi dossier venivano passati, da un finanziere, sottufficiale di polizia giudiziaria, a soggetti terzi tra cui giornalisti di un giornale schierato contro il governo. Sono state messe così “sul mercato” informazioni sulla vita di cittadini che nulla avevano a che fare con “l’oggetto sociale” della DNA cioè la lotta alla mafia e al terrorismo.

Questi fatti hanno effetti destabilizzanti nella vita di una democrazia perché accelerano il processo di erosione della fiducia nelle istituzioni. Ormai anche i politici più riflessivi, come Carlo Calenda, parlano di situazioni di controllo dei cittadini da Grande Fratello, dal romanzo distopico di George Orwell. Forse sarebbe ancora più appropriato riferirsi al film premio Oscar “Le vite degli altri”. Nella Berlino Est del 1984, la Stasi, l'implacabile polizia di stato, esercita un controllo spietato sulla vita dei cittadini, incarnando il braccio armato di una sorveglianza senza scrupoli del partito comunista. Il film diretto da Florian Henckel von Donnersmarck, narra la storia del capitano Gerd Wiesler, un agente della Stasi fedele alla causa comunista, il cui compito è spiare il drammaturgo Georg Dreyman e la sua compagna, l’attrice Christa-Maria Sieland. Questa missione di sorveglianza, inizialmente motivata dal desiderio del ministro della cultura di eliminare Dreyman come rivale amoroso, si trasforma in un viaggio di scoperta personale per Wiesler, il quale, profondamente toccato dalla sensibilità e dall'umanità degli artisti, inizia a mettere in dubbio i valori del regime che ha servito con zelo.     

Il contesto del film riflette le tensioni e le paure di un'epoca caratterizzata dalla diffusa sorveglianza, perquisizioni, interrogatori e prigionie. La vita sotto il regime comunista è descritta come una lotta per la sopravvivenza, dove ogni forma di espressione è limitata e la felicità appare un obiettivo irraggiungibile. E’ esagerato questo paragone? Forse sì perché fortunatamente il comunismo è caduto, ma forse no perché quelle pratiche sono in atto anche nel campo cosiddetto “democratico” con sistemi più evoluti e pertanto più efficaci.

Nell'era della sorveglianza digitale e della proliferazione dei database, la moderna società di controllo assume contorni sempre più definiti, incarnando una realtà che sembra preludere alle distopie narrate dalla letteratura del Novecento. Tra queste, "Il Processo" di Franz Kafka emerge come un testo profeticamente illuminante, offrendo una lente attraverso cui esaminare la natura soffocante della vigilanza e della burocrazia nei contesti contemporanei.  La trama del romanzo di Kafka, incentrata sulla vicenda di Josef K., arrestato e processato senza conoscere i motivi dell'accusa, esemplifica in modo acuto il senso di impotenza e l'alienazione dell'individuo di fronte a un'autorità onnipresente e insindacabile. La condizione di K. riflette l'angoscia esistenziale e la perdita di autonomia che l'uomo moderno può sperimentare nel contesto di un controllo capillare esercitato da istituzioni statali e non, le quali, mediante l'uso di tecnologie avanzate, catalogano e monitorano segretamente le vite dei cittadini, malgrado i dettati della costituzione e svariate leggi sulla privacy dei cittadini.

Queste istituzioni se statali, operando attraverso una rete di magistrati e di polizia giudiziaria, se private attraverso la cattura digitale e manipolazione dei dati personali, non solo sorvegliano ma anche influenzano l'opinione pubblica, filtrando informazioni e orientando spesso la narrazione mediatica contro individui o gruppi etichettati come minacce potenziali, per motivi economici, politici o altri. In questo scenario, chiunque può trovarsi, come Josef K., invischiato in una rete di sospetti e accusato ingiustamente, con conseguenze devastanti sulla propria reputazione e sui suoi rapporti sociali.

L'avvento di strumenti digitali quali la telefonia mobile, le email, i sistemi di videosorveglianza, i pagamenti elettronici, le localizzazioni satellitari, ha amplificato esponenzialmente la capacità delle autorità di raccogliere, archiviare e analizzare i dati personali, spesso senza il consenso o la consapevolezza dei cittadini. La società descritta da Kafka, dove la colpa è un'ombra indefinita e la giustizia un labirinto insondabile, trova un corrispettivo nelle dinamiche di sorveglianza e controllo delle società avanzate, dove l'opacità delle procedure e la mancanza di trasparenza nelle decisioni minacciano i fondamenti stessi della libertà individuale.

Il romanzo di Kafka, con la sua atmosfera di surreale oppressione, diventa così un paradigma per comprendere la crescente erosione degli spazi di privacy e l'ascesa di un "moderno grande fratello" che, sotto la maschera della sicurezza e del bene comune, instaura un regime di sorveglianza pervasiva. In questo contesto, l'esperienza di Josef K. riecheggia come un monito contro i pericoli di un potere incontrollato e di una giustizia scissa dalla comprensione umana, ricordandoci l'importanza di salvaguardare i diritti e le libertà fondamentali dell'individuo nella società contemporanea.

 

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