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IL COLLOQUIO
23 Marzo 2024 - 09:00
La notte più lunga, quella dell’orrore, Italo Votta la racconta con una vocina flebile, quasi un sussurro ad una delle poche amiche che, dopo aver letto i giornali, ha voluto sapere cosa davvero fosse accaduto, facendogli visita all’Ospedale di Rivoli. «Sì, ho avuto paura di morire: altre dodici ore in quella stalla e ora, chissà…». Un attimo di tentennamento mentre la paura si riaffaccia negli occhi, «che si rivolgono al cielo come a ringraziare di sentirsi un miracolato» ci racconta l’unica testimone che incontriamo a poche ore dal ricovero. Sequestrato e pestato a sangue nella stalla dell’azienda agricola di famiglia da due adolescenti che volevano rapinarlo di 5mila euro, Italo ricostruisce le ore più drammatiche della sua vita con lucidità.
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«Adesso come adesso, posso raccontare quello che è successo negli ultimi giorni. La storia è iniziata ad agosto, con alcune intrusioni nell’azienda. Sono riuscito ad allontanarli e ho fatto denuncia. Poi sono tornati un’altra volta a novembre» ricorda Italo. «Sono sempre loro. La prima volta erano in tre, poi solo più in due. Però ho sempre avuto l’impressione che si tenessero in collegamento telefonico con qualcuno. Ma erano due ragazzotti…». Difficile ricordare, al momento, se e come li avesse già conosciuti. «Avevo avuto modo di parlarci, sì, perché non ho potuto farne a meno…». Uno di loro, a quanto pare, lo aveva già conosciuto. «Abbiamo scambiato due parole, ci siamo incrociati così». E poi? «Poi so solo che me lo sono ritrovato nel cortile di casa mia. Ci siamo ritrovati nel cortile e, un paio di giorni prima, alla fermata di un pullman. Era una persona di quelle che fanno casino, insomma, sai quelli che sul pullman fanno casino?».
Un incontro occasionale che è diventato un incubo. «Sì, era quasi diventata un’abitudine trovarmeli in casa, per cui ho cominciato ad andare a mangiare e dormire da un’altra parte...». Un terrore che non si era certo esaurito, anzi. «Già, lunedì sono andato su per vedere com'era la casa. E niente. Ho aperto il cancello e ho visto che c'era qualcosa di strano in cucina, sono andato a vedere...». E poi la scoperta di averli in casa. «Si stavano facendo delle canne, probabilmente e io mi sono avvicinato, non sono scappato subito ma quando mi sono accorto che erano nella stanza mi sono un po' confuso e lì ho cominciato a prendere un po’ di botte...».
Ed è in quel momento che Italo ha avuto paura di morire. «Ho cominciato a parlargli un po’, sperando di riuscire a dialogarci». E, invece, si è ritrovato incatenato in una stalla. «Forse si erano fatti l’idea che avessi qualcosa da vendere o dei soldi , ma non li avevo, cioè, avranno visto delle ricevute o altro...». Poi, la richiesta dei 5mila euro, di cui da chissà chi avevano saputo. «Avranno visto delle carte di quando le cose andavano meglio...».
Quanto è bastato per tentare l’estorsione. «Nel pomeriggio del giorno dopo sono riuscito di nuovo a parlarci un po’ e sono riuscito a convincerli che saremmo andati in banca». E dire che Italo stava quasi per liberasi. «Ero già riuscito a slegarmi ma mi hanno ripreso e dato ancora un po’ di botte. Poi, verso le sei, mi hanno lasciato di nuovo da solo, legato come un salame tutta la notte, poi, martedì si sono decisi a portarmi in banca. Mi hanno aiutato ad alzarmi, a vestirmi e abbiamo preso una navetta per scendere in paese...». A salvarlo, l’alzata di genio di portare i suoi aguzzini in banca. «Sì, quando siamo andati in banca per prendere un po’ di soldi. Non so, se fosse passata un’altra notte, chissà come sarebbe finita...».
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