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L'ANALISI
03 Aprile 2024 - 08:00
Con la crisi di Mirafiori, gli esuberi e l’assenza di nuovi modelli, le ore di cassa integrazione delle aziende a febbraio di quest’anno sono più che triplicate rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. E a tremare sono le aziende dell’indotto automotive ma anche le tante piccole aziende artigianali che gravitano attorno al mondo della quattro ruote.
Basta guardare i dati dell’Inps, ripresi da Confartigianato Torino, per farsi un’idea le ore di cassa ordinaria a febbraio di quest’anno nella Città Metropolitana di Torino sono salite a 1.258.329, contro le 350.947 del febbraio 2023. Anche allargando lo sguardo a tutto il Piemonte si registrano aumenti considerevoli: sono 2.467.498 ore, contro le 985.728 del febbraio passato. Un aumento notevole, circa 300mila ore in più, anche rispetto a gennaio di quest’anno quando le ore di cassa integrazione nella nostra regione erano 2,1 milioni.
Le imprese più in difficoltà sono quelle legate all’auto che operano in ambito metalmeccanico. Oltre a Stellantis, si parla di aziende molto importanti dell'indotto torinese, come Lear, Tne, Delgrosso, Marelli Lighting, M.A., Icsa, Webasto, Martur, Officine Vica e Htl che contano circa tremila lavoratori in cassa integrazione. Ma a rischio ci sono anche le piccole imprese, formate da pochi artigiani, come carrozzieri, elettrauti, saldatori, fornitori di servizi o rivenditori di pezzi di ricambio.
«Le imprese artigiane che rappresentiamo - dichiara Dino De Santis, presidente di Confartigianato Torino - sono preoccupate per lo spettro della recessione che aleggia su Torino e il Piemonte e l’aumento del numero di ore di cassa integrazione richiesta dalle imprese del nostro territorio costituisce un segnale allarmante. Tutto questo potrebbe tradursi, a breve, in minori ordini e commesse per le imprese artigiane che lavorano nella subfornitura e nell’indotto con un contraccolpo senza precedenti per le micro imprese, poco strutturate e per le partite Iva. Non è più possibile tollerare l’inerzia della politica di fronte allo smantellamento sistematico degli assets strategici del Paese, che purtroppo va a vantaggio della concorrenza estera. Si pone, quindi, un problema morale rispetto alla necessità di tutelare la sopravvivenza del sistema delle imprese italiane e del nostro territorio».
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