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Il processo
13 Aprile 2024 - 04:20
Hugo Dinarte dos Santos Aveiro e Cristiano Ronaldo: in mezzo a loro, nel fotomontaggio, il pupazzo “protagonista” della presunta truffa insieme alle magliette
«E’ stato Cristiano Ronaldo a dire di bloccare la produzione delle magliette. Altrimenti avrebbe avuto problemi con la Juventus».
L’agente Ilaria Negri lo dice verso la fine della sua testimonianza nell’aula 57 del Palazzo di Giustizia di Torino. E, nel giro di pochi minuti, fa scattare giudici e avvocati: «Allora Ronaldo deve venire in tribunale a chiarire» riflette Alessandra Salvadori, presidente della sesta sezione penale. Detto fatto: il 31 maggio campione portoghese, che oggi gioca nell’Al-Nassr (in Arabia Saudita), sarà chiamato a testimoniare nel processo in cui è imputato Hugo Dinarte dos Santos Aveiro. Che altri non è che il fratello di CR7, accusato di truffa.
A inviare la citazione del testimone eccellente sarà l’avvocato Roberto Capra, legale della presunta vittima. Cioè Rocco Valenti, imprenditore della Pegaso, società produttrice e distributrice di gadget sportivi. Il quale ha denunciato il 45enne portoghese dopo che i due avevano stipulato un contratto per le divise considerate fasulle e finite anche al centro di una causa civile con la Juventus, che accusa la Pegaso di concorrenza sleale per quelle magliette troppo simili a quelle ufficiali.
In mezzo c’era una società intermediaria spagnola: «Io facevo da agente per l’Italia di quest’azienda, che aveva la licenza per produrre bambole dei giocatori di Barcellona e del Real Madrid, oltre che di Cristiano Ronaldo e di papa Francesco - ripercorre Ilaria Negri in aula - Io ho fatto da tramite per la società spagnola, il signor Aveiro e Valenti». Che prima si sono accordati per produrre i bambolotti con le sembianze di Ronaldo e i colori della Juve, poi hanno aggiunto il kit da gioco con maglietta, calzoncini, sciarpa e cappellino.
Il 25 luglio 2019 viene firmato l’accordo tra Pegaso e la società Mussara Ld, di cui è legale rappresentante il fratello di Ronaldo, per produrre il merchandising del campione portoghese in cambio di 650mila euro.
Di conseguenza, l’azienda torinese ha iniziato a produrre 13mila magliette bianconere con nome e numero di Ronaldo. Identiche a quelle originali marchiate Adidas, con la semplice aggiunta del logo “CR7Museu” (marchio di cui è titolare la società guidata da Aveiro). Peccato che il fratello del fuoriclasse abbia poi detto alla Pegaso “di elaborare nuovi prototipi adducendo che Adidas aveva ravvisato che il prodotto era troppo somigliante alla maglia” da loro realizzata, come riporta il capo d’imputazione: «Io so che era stato Ronaldo a bloccare tutto dopo che tutti avevano approvato e condiviso la bozza» ricorda in aula Negri.
Per evitare contestazioni, Aveiro ha acquistato dalla Pegaso le 13 mila maglie ormai cucite per 4 euro e mezzo l’una “sostenendo - si legge negli atti - che sarebbero state mandate al macero”. Invece erano in vendita sul mercato portoghese, con un prezzo di 40 euro ciascuna al Museo CR7 di Madeira, l’isola portoghese di cui è originario Ronaldo. Che presto sarà chiamato a dare la sua versione dei fatti.
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