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Pandoro Balocco-Ferragni, scatta la class action: ecco come riavere i soldi

Il Codacons: «300mila italiani hanno comprato il dolce». Un papà: «Mia figlia si fidava di Chiara»

L'influencer Chiara Ferragni col pandoro Balocco “Pink Christmas”

L'influencer Chiara Ferragni col pandoro Balocco “Pink Christmas”

Per chiedere i danni basta scaricare il modulo dal sito del Codacons. Compilarlo, allegare lo scontrino dell’acquisto del pandoro e si è subito parte civile al processo di Milano. In tantissimi lo stanno già facendo, tant’è che si può parlare di raffica di diffide per lo scandalo del “Pink Christmas”, il pandoro Balocco griffato Chiara Ferragni. La decisione del Tribunale di Torino, che ha accolto il ricorso del Codacons definendo «pratica commerciale scorretta» la pubblicità del pandoro, ha infatti aperto la strada ai risarcimenti per chi ha acquistato il dolce della Ferragni a Natale. Ma di quanto si parla? I danni materiali ammontano a 5,69 euro, cioè la differenza tra il costo del dolce Balocco tradizionale e quello griffato Ferragni. E poi ci sono i danni morali. «Cinquecento euro a persona», hanno quantificato oggi gli avvocati del Codacons, che insieme al presidente Carlo Rienzi hanno tenuto una conferenza stampa con Associazione utenti dei servizi radiotelevisivi e Adusbef. «Non siamo qui a chiedere risarcimenti - ha precisato Carlo Rienzi, presidente del Codacons - ma chiediamo la cessazione del “comportamento omissivo” da parte di Balocco. Chiediamo quindi che l’azienda versi subito un milione e 500mila euro al Regina Margherita per aiutare la guarigione dei bambini malati di cancro».

Balocco aveva subito dichiarato che «la richiesta di alcune associazioni di corrispondere un milione e 500mila euro era stata respinta» dallo stesso tribunale torinese, riservandosi poi «il diritto di presentare reclamo nelle sedi opportune». Tradotto, l’azienda dolciaria quel milione e mezzo non lo vuole sborsare. «Ci sono otto giorni di tempo per fare reclamo, se non lo farà Balocco, lo faremo noi», ha precisato Carlo Rienzi. Se davvero tutte le diffide andranno a buon fine, l’azienda dolciaria piemontese tra danni morali e materiali dovrà scucire parecchi soldi. Perché si stima che in tutta Italia gli acquirenti del pandoro griffato Ferragni siano 300mila. Anche minorenni, come confermato da un papà, Carmine Vincenti, la cui figlia ha acquistato il pandoro: «Mia figlia segue sui social Chiara Ferragni e l’ha sempre ritenuta un esempio positivo, per questo ha comprato il pandoro». Così l’avvocato di Adusbef, Antonio Tanza: «Il mancato accoglimento dell’istanza di inibitoria è grave. Balocco deve pagare l’ospedale, altrimenti sarebbe un precedente grave e nessuno darà più un euro per la solidarietà in questo paese». Intanto, la raffica di diffide è già partita.

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Intanto, al termine della conferenza stampa, la replica di Balocco (che era stata invitata all'evento) non si è fatta attendere: «Abbiamo scelto di non partecipare alla conferenza stampa web ritenendo demagogico trattare della vicenda “Pandoro Pink Christmas” in un'arena virtuale, peraltro in pendenza di contenziosi davanti all’Autorità Giudiziaria. Respingiamo inoltre la dichiarazione di Codacons, Adusbef e dell'Associazione Utenti dei servizi radiotelevisivi, nella quale si paventa un appello al decreto del Tribunale di Torino qualora l’azienda "non risarcisse con un gesto spontaneo gli utenti ingannati dal caso del pandoro pink Christmas e non effettuasse una donazione in favore dell'ospedale Regina Margherita di Torino"». Balocco precisa poi che «ogni decisione di donazione o liberalità in favore di soggetti terzi non può soggiacere a un’imposizione o ad una strumentalizzazione, nell’ambito di una vicenda legale molto complessa. Né può essere oggetto di contenzioso promosso da soggetti, quali le associazioni a cui si replica, che non hanno alcun titolo per avanzare tali pretese». Balocco che impugnerà il decreto in quanto «in parte ingiusto, basato su un’istruttoria parziale, che ricalca l’altrettanto ingiusto provvedimento dell’Acgm e come tale già impugnato avanti al TAR del Lazio».

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