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L'INCHIESTA
26 Maggio 2024 - 15:40
Oltre una quindicina si trovano in città, tra quelle che che hanno «aperto le porte» ai cittadini in occasione della giornata di scambio culturale organizzata con il Comune di Torino e le altre, accessibili soltanto ai fedeli della comunità di riferimento. Più del doppio, invece, sono le sale di preghiera, i centri culturali islamici e le moschee nell’area metropolitana. Praticamente triplicate negli ultimi vent’anni e, in particolar modo, con la crescita smisurata delle comunità di immigrati provenienti da Bangladesh e Pakistan. A partire da quelle “riconosciute” dalle amministrazioni pubbliche fino ai “covi” più radicali inaccessibili agli «infedeli». Dove i “sermoni” vengono pronunciati solo in arabo, come ai tempi dell’imam Mohamed Kohaila colpito nel 2008 da un decreto di espulsione per aver inneggiato all’odio dalla Moschea di via Cottolengo a Porta Palazzo. Solo cinque anni dopo Palazzo Civico avrebbe avviato una serie di interlocuzioni con le principali rappresentanze mussulmane riconosciute dallo Stato - Coreis, Ucoii, Ami e Fioe - per evitare che i propri fedeli pregassero, ignari, accanto a un jihadista.
Come è capitato nel 2020 quando in una moschea di Torino si è presentato Nasir Nairi un fanatico che ha interrotto l’immam per esaltare l’attentatore parigino che a Parigi aveva sgozzato il professor Samuel Paty e rimproverando il religioso per aver stigmatizzata il brutale assassinio. Nel 2023, invece, si è scoperto che anche il “lupo solitario” delle stragi di Bruxelles, Abdesalem Lassoued, s’era inchinato ad Allah sotto la Mole. Da episodi come questi la necessità di un vero e proprio “Patto di condivisione” rinnovato a Palazzo Civico lo scorso anno. Un documento firmato con ventuno rappresentanti di una comunità che, oggi, conta circa 40mila islamici. Tra queste figuravano il Centro islamico Delle Alpi e la Moschea Taiba, ora, al centro delle polemiche per il ruolo giocato dal portavoce Brahim Baya nell’Intifada studentesca contro Israele.
L’islam in città
Una ideale “mappa” dell’Islam in città parte da Mirafiori e dalla Moschea Al Hidaya (La guida) di piazza Cattaneo e porta fino a strada delle Cacce, dove si trova la Moschea Al Ikhlas (La fede pura) inaugurata da pochi anni come quella di via Genova, finanziata anche dal Marocco e, non a caso, intitolata a Mohammed VI. Un centro culturale nato sulle ceneri di un altro progetto che, tra il 2007 e il 2010, aveva scatenato forti polemiche: l’apertura di una moschea in via Urbino. Ma è proprio tra Borgo Dora, Borgo Aurora, Valdocco e Barriera di Milano che, negli ultimi anni, sono state aperti nuovi luoghi di culto. Come la Moschea Dar As Salam (La Casa della Pace) in via La Salle o la Moschea Loqman di corso Regina Margherita o, ancora, il Centro Tohid (Un solo Dio) di corso Emilia e Moschea Abu Bakr Siddik in via Monte Rosa intitolata al primo Califfo dell’Islam. Recente anche la nascita della Moschea Takwa (Timore di Dio) in uno delle autorimesse dei palazzoni popolari delle Vallette.
Tra le sale di preghiera storiche, invece, con una maggiore adesione di fedeli, elargizioni e contributi da privati ma anche finanziamenti internazionali, si possono citare la Moschea Omar Ibn al Khattab e la Baretti di San Salvario ma anche la Moschea Mecca di via Botticelli. Di certo, il luogo di culto più frequentato del Piemonte è la Moschea Taiba inaugurata nel 2006 dall’Associazione Islamica Delle Alpi in via Chivasso dove, oltre alla preghiera vengono organizzati corsi e doposcuola, così come attività di “sportello sociale” ma anche le proteste Pro Palestina. Tra gli ultimi incontri, poi, quello su “Islam e musulmani” a inizio maggio con quattro classi delle Scuole elementari Boncompagni e Franchetti.
E in tutta la provincia
Fuori città e nel resto della provincia si trovano, invece, più di una ventina tra sale e centri di culto meno all’attenzione del mondo, sicuramente più impenetrabili. Tra le più conosciute c’è la Moschea Tauba (Albero del Paradiso) di Pinerolo e il Centro Islamico Rada di None. E ancora, la Moschea di Settimo e la Vavala di Carmagnola o l’Associazione An Nour di Chieri.
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