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30 Agosto 2024 - 13:45
Forte dei Marmi, uno dei gioielli della Versilia, ha inaugurato una collaborazione inedita e straordinaria con il Museo Egizio di Torino, portando un pezzo di Egitto nella capitale delle estati italiane. Questo sodalizio, che si traduce nella mostra "Gli Egizi e i doni del Nilo", aperta fino al 2 febbraio 2025, segna la prima volta in cui il Museo Egizio si espande oltre i propri confini, scegliendo lo storico fortino settecentesco di Forte dei Marmi come cornice per 24 dei suoi preziosi reperti.
Questa mostra nasce dal rapporto instaurato dalla Fondazione Villa Bertelli e dal Comune di Forte dei Marmi con il Museo Egizio, in occasione dei 200 anni dalla nascita di quest’ultimo. Il Museo Egizio di Torino, settimo museo più visitato in Italia e seconda istituzione al mondo dedicata alla civiltà egizia, ha messo a disposizione reperti di enorme valore, alcuni dei quali mai esposti prima d’ora. Il percorso espositivo offre una panoramica sull’arte, le tecniche, le professioni e i materiali utilizzati dagli antichi egizi, permettendo ai visitatori di compiere un vero e proprio viaggio nel tempo. I reperti, che spaziano dall’Epoca Predinastica (3900 – 3300 a.C.) fino all’età greco-romana (332 a.C. – 395 d.C.), includono vasi, stele, maschere, amuleti e papiri. Questi oggetti, normalmente custoditi nei depositi del Museo Egizio (che ne conserva ben 40.000, di cui 12.000 esposti), raccontano una storia millenaria spesso celata al pubblico.
L’immagine simbolo della mostra è una maschera funeraria di età romana (30 a.C. – 395 d.C.), proveniente da Assiut. Realizzata in cartonnage, una sorta di cartapesta, questa maschera idealizza il volto del defunto ed era destinata a proteggere magicamente la mummia. Questo reperto, come molti altri, getta luce sulla cultura funeraria egizia, un tema che, come spiega Christian Greco, Direttore del Museo Egizio, non deve essere frainteso come ossessione per la morte.
«La mostra intende sollecitare la curiosità, illustrando la complessità di quello che presentiamo», ha dichiarato Greco. «Gli oggetti esposti ci parlano di cultura funeraria, non perché gli Egizi fossero ossessionati dalla morte. Conosciamo la loro cultura materiale principalmente per aver scavato in necropoli e questa è la nostra principale chiave di accesso alla cultura dell’antico Egitto. Il racconto che facciamo qui, grazie ad un approccio prosopografico, vuole invece presentare le persone oltre l’oggetto. Sono quindi felicissimo che, oltre coloro che potranno visitare la mostra d’estate, la comunità si possa appropriare di questa esposizione e la possa utilizzare per capire come quella memoria materiale, che proviene da un luogo distante, in realtà predetermini chi siamo noi oggi e ci proietti in quest’ottica mediterranea, dove la civiltà nilotica ha avuto un ruolo fondamentale».
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