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La replica

«Io, mio figlio e quella porcheria di crack»: parla la mamma che ha sfasciato la stanza alle Molinette

Di professione infermiera, spiega cosa le è scattato l'altro giorno: «Ho sbagliato ma...»

Parla Chiara, la mamma denunciata per lo stanza devastata alle Molinette: «Ho sbagliato ma...»

«Il crack è un porcheria, peggio dell'eroina. Mio figlio ha 25 anni e ci è finito dentro 4 anni fa, adesso siamo esasperati. Per questo abbiamo reagito così alle Molinette: abbiamo sbagliato ma...».

La signora Chiara (nome di fantasia) parla tutto di un fiato, vuole dire la sua versione dei fatti su quanto successo lo scorso sabato in una stanza del pronto soccorso delle Molinette. Quando, di fronte al rifiuto del medico di ricoverare suo figlio tossicodipendente, ha sfasciato la scrivania con sopra computer e stampante.

«Siamo arrivati alle 2.30 di notte, accompagnati dai carabinieri - spiega Chiara, che lavora come infermiera - Mio figlio era in botta di crack, la fidanzata lo aveva lasciato e lui ha esagerato. Lo hanno tenuto lì, poi la mattina è arrivato questo psichiatra e ci ha detto "Ho deciso che lo dimetto". Noi abbiamo reagito male perché lui non voleva sentire ragioni: io ho sollevato il tavolo, mio marito si stava per scagliare contro ma mio figlio lo ha fermato in tempo. Mi rendo conto che avrei dovuto riflettere 30 secondi e comportarmi diversamente, magari chiamare i carabinieri e provare a trovare una soluzione pacifica». Invece la pattuglia è arrivata dopo la chiamata dei sanitari e i militari hanno denunciato la signora per danneggiamento e interruzione di pubblico servizio: «Il mio è stato un gesto da condannare e ne pagherò le conseguenze ma mi rivolgerò all’Urp delle Molinette per raccontare la mia versione. Poi spero di avere un incontro chiarificatore col medico. Altrimenti sporgerò denuncia per la sua negligenza». Quale sarebbe stata la negligenza? «Non ha valutato bene la situazione e lo dimostra il fatto che mio figlio, in ospedale, diceva “Non mi vogliono aiutare, vogliono farmi morire”. Poi dopo le dimissioni, è tornato a casa, ha detto “combino solo guai, adesso tolgo il problema” ed è andato verso il balcone. Mio marito lo ha bloccato in tempo e ha chiamato l'ambulanza. Stavolta lo hanno portato al Martini e lo hanno ricoverato».

Per la signora è la conferma della sua posizione. Di certo conferma le difficoltà che sta vivendo suo figlio per la dipendenza dal crack: «Io non riesco a stargli dietro, ho chiesto di fare il part-time per seguirlo di più. Anche perché so cosa significa lavorare in ospedale, avere a che fare con i parenti dei pazienti, affrontare quel tipo di stress. Mentalmente non reggo più questa situazione». Per una madre è un dramma vedere il proprio figlio in quello stato: «C'è una rete che ci dà una mano ma il crack è una porcheria, peggio dell'eroina: trasforma i nostri ragazzi in degli zombie. E noi, di fronte a una situazione come quella dell'altro giorno, ci sentiamo abbandonati. Io ho un solo figlio ma certe volte penso che sia meglio vederlo morire che continuare a vederlo così. Ma non accetto quello che ha fatto quel medico, non ha capito il nostro grido di aiuto».

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