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UN ANNO DOPO
15 Settembre 2024 - 08:28
Un rombo, la Freccia tricolore che colpisce l’auto e la fa schiantare. Diciassette secondi per uscire e mettersi in salvo, prima che le fiamme divorino tutto e si portino via Laura, 5 anni. Un attimo, seguito da 365 giorni di dolore, attesa e rabbia. Perché nessuno ha ancora spiegato che cosa sia successo e perché. E se qualcuno abbia delle colpe.
C’è tutto questo nella voce e nelle parole di Veronica Vernetto, la mamma di Laura Origliasso, uccisa dal jet delle Frecce tricolori esattamente un anno fa, il 16 settembre 2023. Lei, suo marito Paolo e il figlio Andrea sono salvi per miracolo e hanno organizzato una fiaccolata per ricordare la bimba (insieme al Comune di San Francesco al Campo, dove vivono e dov'è successa la tragedia). E non solo per quello: «L'evento si chiama "Una luce per Laura" perché vogliamo illuminare la nostra vicenda e far sì che non venga dimenticata. In un anno si è mosso poco o nulla ma la mia piccolina merita giustizia».
UNA LUCE PER LAURA
Una fiaccolata a piedi e una staffetta di corsa, praticamente in contemporanea: sono le due iniziative che la famiglia Origliasso ha organizzato per venerdì sera, con la collaborazione di istituzioni e privati, per ricordare la piccola Laura. Introduce la mamma, Veronica Vernetto: «Abbiamo sentito un incredibile calore da parte di tutti durante quest'anno difficile, questa sarà l'occasione per ricordare la nostra bimba e far sì che non venga dimenticata. Vogliamo che partecipi più gente possibile». L'appuntamento è alle 20 di venerdì alla scuola dell'infanzia di San Francesco al Campo, dove la bimba andava all'asilo e dov'è stato piantato un ulivo in suo ricordo: «Il doppio evento si intitola "Una luce per Laura": ci sarà un corteo con le fiaccole e intanto una staffetta che partirà con mio figlio e farà sei tappe per il paese, fino ad accendere un grande braciere in piazza San Francesco d'Assisi. Ci saranno tanti amici di Andrea, che ha 13 anni e sta soffrendo tanto: ci tenevamo che fosse circondato da tutti loro».
Cosa intende?
«Ci aspettavamo delle risposte in tempi più brevi, invece è passato un anno e non sappiamo ancora cosa sia successo. Non ce l'abbiamo con nessuno e abbiamo fiducia in chi sta lavorando però vogliamo giustizia. Laura se la merita».
In effetti non si sa ancora se l'incidente sia stata colpa di un guasto al motore della Freccia tricolore, di un errore del pilota o di uno stormo di uccelli. E intanto non è arrivato un euro di risarcimento alla famiglia.
«Sì, è tutto fermo ed è veramente assurdo. Per questo abbiamo deciso di far sentire la nostra voce e organizzare queste iniziative, anche per evitare che la nostra tragedia finisca nel dimenticatoio. Dobbiamo evitarlo per dare pace e giustizia a Laura: credo che sia anche un nostro dovere tirare fuori la verità. Ma così speriamo di trovare la pace anche per noi: questa storia sembra non finire mai, così il dolore si rinnova ogni giorno. Vogliamo guardare avanti e, con i risarcimenti, fare tante cose belle in onore di Laura».
All'inizio avevate detto di voler incontrare il pilota, Oscar Del Dò. C'è stato questo incontro?
«No, su consiglio del nostro avvocato. E anche noi, psicologicamente, abbiamo preferito evitare: all'inizio io volevo bene a tutti, ora sono un po' arrabbiata col mondo. Non ce l'ho con nessuno ma non so se avrei ancora voglia di incontrare il pilota».
Del Dò, al momento, resta l'unico potenziale responsabile: c'è solo lui nel registro degli indagati dalla Procura di Ivrea.
«Sì, intanto lui ha continuato a fare la sua vita e a volare. Invece noi abitiamo a due passi dall'aeroporto e, ogni volta che sentiamo passare un caccia, riviviamo quel momento di un anno fa. Al funerale di Laura c'erano le grandi autorità che, davanti alle televisioni, sono venute, ci hanno dato grandi pacche sulle spalle e ci hanno detto che non ci avrebbero lasciati da soli. Mi auguro che mantengano la parola data ma finora non l'hanno fatto. Speriamo che si mettano una mano sulla coscienza per una bimba di 5 anni e per una morte così tragica».
Cosa ricorda dell'incidente?
«E' stampato nella memoria di tutti, soprattutto in quella di mio figlio. Mi aspettavo che dimenticasse, invece lui si ricorda ogni dettaglio, ogni parola, ogni gesto. Ma dobbiamo conviverci, anche perché io e lui abbiamo i segni delle ustioni e ci torna davanti quel momento tutte le volte che ci guardiamo allo specchio».
Vi siete dati una spiegazione di quello che è successo?
«Non ci capacitiamo e non diamo colpe, l'unico nostro pensiero è che sarebbero bastati 10 secondi di differenza. Siamo svuotati, bloccati a quel momento. Il nostro cervello cerca di non pensare al resto. Ma ci facciamo comunque tanti sensi di colpa, nonostante il grande lavoro degli psicologi: ci hanno detto che non potevamo fare nulla e che poteva anche andare peggio. Mio marito si colpevolizza di non aver salvato Laura ma lui ha salvato se stesso, me e mio figlio nei 17 secondi prima che l'auto prendesse fuoco. Anzi, Andrea era già immerso nelle fiamme per metà mentre Laura era nel fosso, nella parte più bassa. Non ha potuto fare altro ma, per un genitore, rimane impresso di aver lasciato la nostra bimba in quella macchina».
Laura avrebbe compiuto 6 anni lo scorso 30 marzo e in questi giorni avrebbe cominciato la prima elementare. Che bambina era?
«Io parlo di lei al presente perché, in qualche modo c'è ancora. Teneva unita la famiglia e la sua morte ci ha uniti ancora di più: ha fatto un miracolo, fare da collante e riavvicinare persone che si erano allontanate. Lei non piangeva mai, sorrideva sempre. Tutti ci dicono che era un angelo e che questo mondo non era adatto a lei. Era stupenda, incredibile, pazzesca. Odiava i litigi e vedere le persone tristi. Quando era qui, non ce ne rendevamo conto. Ora lo vediamo di più. E io sono tornata a insegnare, proprio a una classe prima: così ho “adottato” venti bambini a cui dare l’amore che non posso più dare a mia figlia».
C'è una foto di Laura, quella scelta per l'ultimo saluto, in cui tiene per mano un angelo.
«L'abbiamo scattata nella vacanza dello scorso anno in Sicilia. Voleva entrare in tutte le chiese, salutare la Madonna. Lì ha voluto essere fotografata tenendo per mano un angelo: ci abbiamo poi ripensato e siamo rabbrividiti perché ci è venuto da pensare che fosse una chiamata, un segno. Noi non siamo molto credenti ma quell'episodio ci ha fatto pensare».
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