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19 Settembre 2024 - 18:16
Gli stipendi degli insegnanti italiani? Tra i più bassi d'Europa
Sono lontani i tempi in cui le figure di riferimento dei paesi italiani erano il prete, il sindaco, il maresciallo dei carabinieri e l’insegnante. Con il passare degli anni, chi ha scelto di dedicare la propria vita all’istruzione delle generazioni successive alla sua, ha visto calare non solo il prestigio e il rispetto all’interno delle famiglie dei suoi studenti ma anche lo stipendio. In Italia infatti lo stipendio dell’insegnante è, in proporzione, molto più basso che nel resto dell’Europa.
Ma quanto guadagna oggi di preciso un insegnante? I dati forniti da indeed, il più importante sito del mondo per la ricerca di lavoro, permettono di scoprire lo stipendio medio in base anche alla scuola di riferimento. Gli insegnanti delle scuole elementari, i maestri dei bambini più piccoli, hanno uno stipendio netto che varia dai 1300 € ai 1500 € al mese. Nelle scuole secondarie di primo grado, quelle che una volta erano chiamate semplicemente scuole medie, si sale un po’, arrivando a guadagnare tra i 1.386 € e i 1.700 € al mese. Praticamente uguale a quanto si trova in busta paga a fine mese un professore di scuola secondaria di secondo grado, le superiori, che varia tra 1.400 € e 1.700 € al mese. Più complesso il discorso che riguarda le Università: un professore ordinario a tempo pieno (calcolato su 1.500 ore) arriva a guadagnare 131.674 euro lordi all'anno. Si tratta dell'importo massimo consentito dalla legge, ma molto dipende dagli anni di lavoro, dal tipo di impiego (a tempo pieno o definito a 750 ore) e dall'anzianità.
Lasciando da parte i professori universitari, quello che colpisce sono gli stipendi di chi insegna nelle scuole dell’obbligo e superiori. Poco? Per valutarlo, occorre ricordare che ovviamente tutti gli insegnanti, anche quelli delle scuole primarie, per accedere alla professione devono essere laureati. E non basta: servono poi tirocini, specializzazioni, abilitazioni. Si tratta quindi di professioni altamente specializzate, per accedere alle quali servono anni e anni di studi e sacrifici, anche economici. Un percorso che in Europa è decisamente più riconosciuto che in Italia. Secondo i dati recentemente pubblicati dall’Ocse, Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, cui aderiscono 38 paesi (non solo europei), i salari degli insegnanti italiani sono pari al 74% dei guadagni dei lavoratori degli altri settori a parità di studi (una laurea) e posizione (tempo pieno e indeterminato). In Europa, dove la media è del 94%, fa peggio solo l’Ungheria. Questo, per fare un esempio, significa che se in Italia un insegnante guadagna 1.500 euro al mese, un lavoratore di un altro settore con caratteristiche simili ne guadagna 2000. In Europa invece lo stipendio in media è quasi identico, con alcune eccezioni: in Lituania, Portogallo, Finlandia, Germania e Belgio, a guadagnare di più in realtà è l’insegnante.
Anche il dato sui valori assoluti è poco incoraggiante. Sempre utilizzando i dati Ocse, Flc Cgil ha messo a confronto lo stipendio di un insegnante di scuola media con 15 anni di servizio. In Italia, lo stipendio medio è di 32.892 euro. Nella vicina Francia, 37.208 euro. In Spagna si sale a 42.709. Impietoso poi il dato che arriva da Germania e Paesi Bassi, entrambi sopra i 70mila euro: il doppio che in Italia.
Commentando questi dati, il ministro Giuseppe Valditara ha sottolineato che sono superati perché appena pubblicati ma relativi al 2022 e che da allora, «grazie al contratto firmato nel 2023 che ha comportato un aumento del 4,5%, al nuovo contratto da firmare entro l’anno che porterà un ulteriore 5,78% e al taglio del cuneo fiscale l’aumento medio degli ultimi due anni sarebbe del 17%. Con questo aumento i salari dei docenti italiani superano quelli di Paesi come la Francia, il Portogallo, la Finlandia e perfino la Svezia».
Dichiarazioni che però Flc Cgil contesta: «Prima di tutto – si sottolinea dal sindacato – in questi due anni anche le retribuzioni negli altri Paesi europei potrebbero essere cresciute. Poi il taglio del cuneo fiscale è una misura transitoria e non strutturale. Senza considerare che anche altri Paesi nel frattempo potrebbero aver introdotto benefici fiscali. Inoltre il nuovo contratto per il triennio 2022-2024, che comporterebbe un aumento del 5,78%, ancora non è stato sottoscritto nonostante sia di fatto già scaduto». Ma, in ogni caso, anche se si concretizzasse questo aumento complessivo del 10,3% (4,5%+5,78%) e pure se nel resto d’Europa nel frattempo non vi fosse stato alcun incremento salariale negli ultimi due anni «le retribuzioni dei docenti italiani sarebbero comunque ben al di sotto di quelle francesi, finlandesi e perfino svedesi. Con l’incremento indicato, infatti, le retribuzioni medie italiane passerebbero da 32.892 euro a circa 36.200 euro, sempre molto meno rispetto ai docenti degli altri Paesi europei». Senza dimenticare, concludono da Flc Cgil, che «l’incremento del 5,78% relativo al triennio 2022-2024 è ben lontano dal tasso d’inflazione dello stesso periodo che è pari a circa il 18%».
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