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L'INCHIESTA
20 Settembre 2024 - 09:32
Almeno un conducente su dieci è costretto a fare gli straordinari, se non a rinunciare a permessi e ferie. E solo per garantire la continuità o la qualità minima del servizio. Perché sarebbero almeno 180 gli autisti che mancano all’appello su un organico di circa 1.800 secondo i sindacati a fronte di un “taglio” a bilancio di «circa tre milioni di euro sull’organico aziendale solo quest’anno». E l’effetto, immediato, si coglie a partire dai ritardi negli arrivi e nelle partenze «con punte di cinquanta minuti, specie nelle ore di punta», oppure, sul fronte delle manutenzioni.
Perché, come spiega il segretario della Federazione Autonoma dei Sindacati dei Trasporti di Torino, Fabio Cermenati che, solo lo scorso venerdì, registrava un’adesione allo sciopero del personale viaggiante all’85%: «Questa è la dimostrazione di un disagio che oltre non si può più sopportare, con evidenti ricadute sulla qualità dei servizi garantiti ai passeggeri». Cermenati spiega come per la “flotta non elettrica” del Gruppo rimangano in essere dei contratti di manutenzione “full service”, ovvero, che affidano gli interventi a personale esterno «senza valorizzare quello che è sempre stato un patrimonio in termini di risorse umane» all’interno delle officine. E questo con costi sempre più alti e poche possibilità di carriera per il personale e, ancora meno, prospettive di nuove assunzioni. Spostando di poco il fuoco, dunque, si scopre anche come almeno la metà degli addetti al controllo dei biglietti e all’assistenza alla clientela, ormai, siano appaltati all’esterno.
«Da qui l’impossibilità di far “crescere” le nostre risorse interne come era un tempo, ovvero, passando dai controlli alla guida dei mezzi dopo aver preso le necessarie patenti e abilitazioni». Insomma, un gatto che si morde la coda con ripercussioni che, per il cittadino, sono ben più che tangibili. Veri e propri disagi organizzati come, ad esempio, l’interruzione della metropolitana nel mese di agosto e l’impiego di navette sostitutive sempre stracolme, in particolare, negli orari di punta. Senza dimenticare che, anche alla ripresa delle corse, restavano decine e decine di scale mobili non funzionanti, esattamente come era prima della chiusura per “manutenzione straordinaria” della metropolitana. Una cinquantina di impianti, ormai, vetusti e praticamente irreparabili.
Non solo, perché, come se non bastasse, meno di una decina di giorni fa a guastarsi sono stati nuovamente i convogli della linea sotterranea che si sono fermati per circa mezz’ora a causa di un non meglio definito «problema tecnico» tra le 8.35 e le 9.05 del 10 settembre, mentre l’azienda era concentrata sulla distribuzione dei nuovi incarichi dirigenziali e centinaia di pendolari restavano in ostaggi di stazioni bloccate sperando di raggiungere in orario il posto di lavoro. Un disservizio che ha interessato l’intera linea dal capolinea di piazza Bengasi a quello di Stazione Fermi a Collegno. Uno “stop” che si era già verificato il pomeriggio prima, intorno alle 16, con la metropolitana ferma per diversi minuti ma anche il giorno della ripresa delle corse a inizio mese, con decine di scale mobili e ascensori bloccati da un presunto «calo di tensione».
Episodi che a Palazzo Civico non sono certo passati inosservati e su cui il sindaco Stefano Lo Russo non ha mancato di manifestare il proprio disappunto incassando le scuse dell’amministratore delegato del Gtt, Serena Lancione. Lapidario fu, infatti, l’attacco del sindaco dal palco della Festa dell’Unità di Torino. «Scandaloso che dopo un mese di stop la metropolitana non funzioni». Parole dure a cui Lancione ha replicato, alcuni giorni dopo, convocata in Sala dell’Orologio. «Desidero esprimere le mie scuse alla cittadinanza per i disagi occorsi a settembre» ha ribattuto la “manager” ricordando l’impegno per salvare il bilancio dell’azienda dal tracollo. Una strategia, anche questa, con effetti immediati per la clientela. A partire dall’aumento dei biglietti.
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