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L'inchiesta

Tassista ucciso a botte, tra gli accusati spunta la ragazza che truffa medici e passanti

Lino Di Francesco era morto quattro mesi dopo le aggressioni fra piazza Bengasi e via Nizza

Tassista ucciso a botte, tra gli accusati spunta la "truffatrice di medici"

Tutto sarebbe nato da una richiesta di soldi di Alessia B., la ragazza che in via Nizza conoscono come “truffatrice di medici”. Perché ormai tutti, in zona ospedali, l’hanno incrociata mentre chiedeva soldi ai passanti per fare benzina e tornare a casa.

Sarebbe successo qualcosa del genere anche il 22 giugno 2022, quando la 28enne si è rivolta a Pasquale Di Francesco, tassista che lei conosceva perché insieme consumavano crack e cocaina. Tra i due e una terza persona, Gianluca P., sarebbe nata una colluttazione finita nella rapina di una collana. E ricominciata il giorno dopo, quando Di Francesco avrebbe chiesto di riavere la sua collana oppure di essere “rimborsato” con una prestazione sessuale. E invece sarebbe stato preso a calci e pugni dal fidanzato di Alessia, il 28enne Fabrizio F.: botte talmente forti da aver causato, quattro mesi dopo, la morte del tassista 63enne. E che ora potrebbero portare alla condanna di F., per cui il pubblico ministero Alessandra Provazza ha chiesto 7 anni di carcere per omicidio preterintenzionale.

La richiesta di condanna è arrivata ieri durante l’udienza preliminare, a poco più di due anni dal decesso di “Lino” Di Francesco: il tassista era morto il 22 ottobre, a quattro mesi di distanza dalla doppia aggressione del 22 e 23 giugno. In mezzo, quattro passaggi in tre ospedali: subito la visita alle Molinette, con 15 giorni di prognosi per lesioni e trauma cranico; poi il passaggio al Gradenigo del 17 luglio, dove ha detto di soffrire di cervicale ma senza raccontare dell’aggressione, e al Santa Croce di Moncalieri: qui è entrato una prima volta il 3 agosto ed è stato operato per risolvere l’ematoma riscontrato durante la Tac. «Operazione riuscita», secondo i medici, che il giorno 7 lo hanno dimesso dall’ospedale di Moncalieri. Dove il 63enne è tornato in stato catatonico e un altro intervento chirurgico non ha impedito che finisse in stato vegetativo e morisse due mesi dopo per insufficienza respiratoria.

In seguito la Procura aveva avviato un’inchiesta, escludendo responsabilità dei medici ma concentrandosi sui presunti aggressori di giugno. Ora, al termine delle indagini, è arrivata l’udienza preliminare. Che potrebbe già segnare la fine del processo di primo grado per due dei tre imputati, visto che Fabrizio F. e Gianluca P. hanno scelto il rito abbreviato: «Noi chiediamo l’assoluzione perché sosteniamo che il nesso causale fra la colluttazione e il decesso non ci sia o sia stato interrotto - considera l’avvocato Elisa Bossotti, che assiste il 30enne insieme al collega Fulvio Violo - Quando è andato in ospedale, Di Francesco ha omesso di dichiarare il consumo di stupefacenti: è un fattore di rischio che non è stato considerato dai medici e neanche nelle successive perizie». Anche Gianluca P. ha scelto il rito abbreviato: per lui, accusato solo della rapina e difeso dall’avvocato Elisabetta Alessandro, la pm ha chiesto una condanna a 2 anni e 6 mesi.

Per i due imputati la sentenza è attesa la prossima settimana, il 28 novembre. Invece Alessia, che una lunga serie di denunce per le truffe commesse in zona ospedali, ha scelto il rito ordinario e rischia di dover affrontare il processo per rapina: «Io ritengo la mia assistita assolutamente innocente, è una giovane con problemi di tossicodipendenza che all’epoca dei fatti era pure incinta - replica il suo avvocato, Andrea Giovetti - Di quella collana non c’è traccia, lei ha subito un aggressione e si è difesa».

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