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L'inchiesta
20 Novembre 2024 - 08:20
Ha ceduto il terreno, la gru è collassata e il suo braccio è caduto addosso a Fatmir Isufi, colpito e ucciso anche perché ha spinto via il figlio per salvarlo dall’impatto: un gesto eroico che è costato la vita all’operaio 51enne, originario di Scutari (Albania) e residente da anni ad Arcore, in Brianza. Ma cosa ha provocato l’ennesima tragedia sul lavoro, avvenuta lunedì sera nel centro Smat di corso Unità d’Italia? Una delle ipotesi è che la gru sia caduta per errore del manovratore, il collega della vittima. Di certo c’è nel 2024, solo in Piemonte, ci sono stati oltre 50 morti sul lavoro: «È una mattanza» punta il dito la Cgil Torino.
Aperta un’inchiesta
Su cosa sia successo, tra le 19.30 e le 20.30 di lunedì, stanno indagando i carabinieri della Stazione Lingotto e lo Spresal dell’Asl. A coordinare l’inchiesta per omicidio colposo, aperta contro ignoti, è il pubblico ministero Laura Longo: ha già disposto il sequestro dell’area interessata dall’incidente, dove ieri sono ripresi gli accertamenti da parte dei tecnici. E probabilmente verrà disposta l’autopsia sul corpo dell’operaio: l’obiettivo è capire se il decesso sia stato causato da una fatalità, da un guasto o dall’errore umano di qualcuno, che sia il collega o la stessa vittima.
Per il momento si sa che Isufi, il figlio e almeno un altro operaio stavano lavorando in corso Unità per conto di Palingeo, società con sede a Carpenedolo (Brescia): «Una delle migliori a livello nazionale ed internazionale nel preconsolidamento dei terreni» la presenta Smat con un comunicato. «Doveva realizzare le sottofondazioni per la vasca di pompaggio a servizio del serbatoio di Valsalice, che fornirà acqua potabile ai Comuni della collina» riporta ancora Smat. Aggiunge Palingeo, dove Isufi lavorava da 10 anni: «Come da prassi, abbiamo immediatamente istituito una commissione interna e possiamo sin d’ora confermare il pieno rispetto delle norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro».
Sindacati all’attacco
Entrambe le società esprimono vicinanza alla famiglia di Isufi, che era sposato e aveva due figli: lunedì sera c’era con lui Andi, che poi si è sentito male ma ieri è rientrato a casa. «Ci impegniamo a dare la massima collaborazione affinché gli enti preposti possano fare luce sull’accaduto» scrive Paolo Romano, presidente di Smat.
Ma ieri è stata soprattutto la giornata della rabbia dopo l’ennesima tragedia sul lavoro. Di nuovo per colpa di una gru assassina, a poche centinaia di metri da via Genova, dove un crollo simile costò la vita a tre operai solo nel 2021.
Il primo a intervenire è il sindaco Stefano Lo Russo, che parla di «un tragico bilancio che non può far altro che obbligare le istituzioni ad alzare ancora di più la soglia di attenzione». Si accoda l’arcivescovo Roberto Repole: «Morire perché lavori rimane una ferita enorme per la nostra società: dovremmo sentirci tutti coinvolti e impegnati perché ci sia un lavoro sicuro per tutti». Massimiliano Quirico, direttore di Sicurezza & Lavoro, pretende «più controlli e maggiore rigore nella gestione dei cantieri, soprattutto dove i committenti sono enti pubblici o aziende partecipate».
Cgil Torino la definisce una «mattanza» e attacca: «Smettiamola con la retorica della tragica fatalità: le responsabilità della politica sono evidenti». Mimmo Lo Bianco, segretario della Cisl Torino, ed Enzo Pelle, segretario della Filca nazionale, non nascondono la loro rabbia: «La patente a crediti è solo un primo passo mentre la lunga scia di sangue nei cantieri continua. E gli addetti dello Spresal, preposti ai controlli, sono scesi da 73 a 28 in sei anni». Feneal Uil e Filca Cgil ricordano come «l’edilizia sia uno dei settori più a rischio, eppure alcune associazioni vogliono favorire contratti con meno tutele e diritti per i lavoratori. Ma, soprattutto, non riconoscono il sistema bilaterale delle costruzioni, unico vero presidio per legalità e sicurezza».
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