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Il caso
28 Novembre 2024 - 06:20
Una delle due bambine lo ha ammesso in classe, alzando la mano durante la lezione di educazione sessuale: «Sono stata abusata». Poi, una volta portata in comunità, quasi giustificava lo zio: «Gli voglio bene, ha sbagliato perché ha problemi alla testa. Gli manca una fidanzata e guarda troppi film».
È cominciata da lì l’inchiesta che ha portato a processo un ragazzo che oggi ha 23 anni ma ha iniziato a molestare le nipotine quando era ancora minorenne. Tanto che parte degli abusi sono finiti a processo al Tribunale dei minori. Il resto è al tribunale ordinario, dove Marco è imputato per una serie di violenze sessuali sulle due nipotine, che all’epoca avevano 6 e 10 anni. E per questo sono finite in comunità: «Perché lui è libero e noi siamo qui?» si è sfogata una delle bambine con gli educatori.
I carabinieri e il pubblico ministero Barbara Badellino hanno ricostruito il loro incubo, iniziato nel 2019 e continuato poi fino al 2021. Il contesto è un cascinale sperduto in provincia di Torino, dove vittime e aguzzino vivevano insieme alla loro famiglia allargata. Stando al racconto delle bimbe, riportato a una zia, Marco entrava nel letto con loro (il nome è di fantasia per tutelare le nipotine). Poi iniziava ad abusare di loro, seguendole anche in bagno. Tutto all’insaputa dei genitori: «La zia vedeva le bambine nel bosco vicino a casa - ha raccontato ieri mattina in aula una degli investigatori - Loro le hanno raccontato cosa succedeva, poi le abbiamo incontrate anche noi e ci hanno raccontato cos’era successo». Poi ci sono le ammissioni fatte in classe, riportate dalle maestre: «Una delle bimbe ha provato tagliarsi i polsi, poi ha detto chiaramente di essere stata abusata mentre l’ostetrica spiegava educazione sessuale» hanno riferito al processo.
Per questo il Tribunale dei minori ha deciso per l’allontanamento da casa: «Quando lo abbiamo detto ai genitori, loro hanno iniziato a minacciare lo zio: “Lo uccidiamo”». In realtà, a quanto risulta, la famiglia è rimasta unita. A parte le bambine, che sono assistite dall’avvocato Emanuela Martini e da anni vedono di rado i parenti: «L’anno scorso abbiamo notato un livido sulla spalla di una delle bimbe, ci ha detto che glielo ha fatto lo zio e lei ha risposto tirandogli un calcio nelle parti basse».
L’imputato, difeso dall’avvocato Marco Zani, si dichiara innocente.
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