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La sentenza
14 Ottobre 2024 - 06:20
Per i gestori della comunità era una gioia vedere quel ragazzo, ormai 30enne, tornare a trovarli in occasione di feste ed eventi. Non potevano immaginare che lui ne approfittasse per violentare altre due ospiti, una minorenne e l’altra con un deficit intellettivo. Fino a quando una si è confidata con una compagna di classe, che ha raccontato tutto ai genitori e agli insegnanti. Così è partita un’inchiesta, conclusa qualche giorno fa con la condanna dell’orco a 7 anni e 6 mesi di carcere. Peccato che di lui non ci sia alcuna traccia.
È una storia che mette i brividi quella ricostruita nelle aule del tribunale. A partire dal luogo in cui è nata: una struttura del Torinese, destinata ad accogliere ragazzi con difficoltà o senza famiglia, che lì dovrebbero essere protetti e tutelati. Non è successo alle due giovanissime ospiti che, nel 2020, sono diventate l’oggetto del desiderio di quel ragazzo più grande. Una sorta di “fratello maggiore” che tornava spesso in comunità e coglieva l’opportunità per chiudersi in camera con le sue vittime, usando la scusa di fare dei massaggi. Nel giro di qualche minuto, però, si sdraiava accanto a loro e le costringeva ad avere rapporti sessuali con lui.
La svolta è arrivata quando una delle ragazze ha raccontato tutto alle amiche e ha dato il via all’inchiesta penale. Le due vittime sono state sentite anche dagli inquirenti durante un incidente probatorio che ha ricostruito cosa succedeva fra le mura della casa famiglia. Poi sono state sentite anche le amiche, che hanno confermato tutto e hanno portato i giudici a condannare il 30enne torinese (oltre alla pena detentiva, hanno imposto un risarcimento di 20mila euro ognuna delle ragazze costituire parte civile).
Il problema è che la condanna è arrivata in contumacia, visto che lui non si è mai presentato e nessuno ha idea di dove sia finito. Probabilmente è libero, in giro per l'Italia. Un dolore ulteriore per educatori e gestori della struttura, cui resta la rabbia per non essersi accorti prima di cosa succedeva dietro le loro spalle: «È anche per questo che abbiamo lanciato “Parliamone già a scuola - Progetto per conoscere la violenza” - presenta l’avvocato Giuseppina Paragano, che ha rappresentato le due ragazzine nel processo - Con la collega civilista Marta Dassano e la psicoterapeuta Chiara Moffa proponiamo incontri per interagire fra ragazzi e insegnanti e provare a cogliere le violenze dai primi segnali: è fondamentale».
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