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Il racconto

La storia di Stefano, il finto tecnico del gas: «Truffavo gli anziani per pagarmi il crack»

Dopo arresti e condanne, ora racconta la sua storia: «Troppi ragazzi rubano per la droga in Barriera di Milano»

La storia di Stefano, il finto tecnico del gas: «Truffavo gli anziani per pagarmi il crack»

Illustrazione di Flashvector

All’inizio lavoravano davvero come tecnici per una società che vende contratti della luce e del gas: «Si guadagnava bene, 4-5mila euro al mese» ricorda Stefano (nome di fantasia). Che allora era poco più che un ragazzo: «Così sono finito nel tunnel dell’alcol e del crack. I soldi non bastavano mai, poi mi hanno licenziato ma ho continuato a vendere contratti». Ma erano truffe ai danni di anziani. Di cui lui e i suoi “colleghi” ridevano, quando si trovavano al bar per commentare il successo delle loro gesta: «Mi stavo scassando dal ridere perché ero fuori con lei - si dicevano nelle conversazioni intercettate dagli inquirenti - L’ho fatta scendere sotto casa e lei mi ha offerto pure un caffè. Poi volevo andare su, c’aveva altri soldi. Li aveva nella borsetta, solo che questa non la mollava. Che ridere…».

La banda è poi stata fermata e i suoi componenti sono finiti in carcere. Hanno subito una serie di processi e l’ultimo si è concluso ieri: «Io ho fatto 4 anni e mezzo di galera più 2 di comunità. Adesso dovrò fare un altro anno e mezzo di lavori di pubblica utilità» riporta ancora Stefano, difeso dall’avvocato Tiziana Porcu.

La storia del finto tecnico, oggi 37enne, è quella di una caduta nell’abisso e successiva risalita: «Facevo i contratti di luce e gas, guadagnavo talmente tanto che sono andato fuori di testa. Spendevo tutto in alcol e crack: passavo le serate a sentirmi il re del mondo ma poi arrivavo al mattino senza soldi. Puzzavo e non avevo nulla per cambiarmi: ero come in una lavatrice». Così è stato licenziato ma ha continuato a “lavorare”: «Ora mi fanno controlli tutte le settimane e per questo non bevo neanche un bicchiere di vino, anche perché devo fare attenzione a non ricaderci. Sono sempre negativo, lavoro come magazziniere e ho anche una compagna che mi sostiene».

Quella di Stefano è una storia di redenzione, come la definisce anche il suo avvocato: «Sì, io ho sbagliato e mi pento di aver preso di mira anziani dell’età dei miei nonni. E mi fa male vedere altre persone fare la stessa fine». In che senso? «I miei genitori vivono in Barriera di Milano e ogni tanto mi capita di incrociare persone dipendenti dal crack, che rubano per pagarsi la dose. Li riconosco e vedo in che stato pietoso sono: mi fanno rabbia e tristezza, anche perché ero come loro. Conosco un ragazzo che si è rialzato in comunità e poi ci è ricascato. Ora è sparito, lasciando a casa moglie e figlia. Al massimo chiama me o i genitori per chiedere 5 euro per mangiare. Ma in realtà si compra la dose».

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