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Il caso
02 Dicembre 2024 - 18:18
Giancarlo Avenati Bassi lo ripete più volte: «La sera del 30 aprile non c'è stata nessuna colluttazione in quella casa: Giuseppe Pompa è stato ucciso con 34 coltellate e tutti i soprammobili sono al loro posto». Perché, secondo il procuratore generale, il figlio Alex ha colpito per uccidere. E per questo va condannato di nuovo: «Ha scannato suo padre». E il fratello Loris lo ha aiutato, tenendo fermo Giuseppe Pompa: «Chiedo di procedere a carico di Loris - punta il dito, per la prima volta, il magistrato - Deve rispondere anche lui di concorso in omicidio volontario. Non può dire che passava di lì per caso».
C'è un colpo di scena nell'ennesimo processo a carico di Alex Cotoia, il giovane che il 30 aprile 2020 uccise il padre violento nella loro casa di via De Amicis a Collegno (poi, come il fratello, ha preso il cognome della madre). Lo fece, secondo le testimonianze della madre e del fratello, proprio per difendere la donna, vittima delle continue violenze del marito. Questo quadro lo portò anche a un'assoluzione in primo grado, ribaltata dalla Corte d'Appello nel dicembre 2023: in quell’occasione Alex, unico imputato del delitto, fu condannato a 6 anni, 2 mesi e 20 giorni per omicidio volontario. Ad agosto 2024, però, la Cassazione ha annullato la sentenza e ha disposto un nuovo giudizio con due "paletti" per i giudici: rafforzare la motivazione di un’eventuale condanna e specificare meglio i profili di legittima difesa, una questione che ha reso celebre il caso a livello nazionale.
Premette Avenati Bassi, che sostiene l'accusa insieme al pubblico ministero Alessandro Aghemo: «La strada imposta dalla Cassazione è molto stretta ma noi possiamo imboccarne un'altra, ripartendo da zero e trovando nuovi elementi per arrivare a infliggere una nuova condanna». Quali? Il primo, come detto, è quella della colluttazione: «Ogni soprammobile è rimasto al suo posto e intatto: la frutta e i fiori sulla tavola, il cuscino dritto, i ninnoli raffiguranti i trulli di Alberobello. Vi sfido a spingervi e a non rovesciare niente» incalza il procuratore rivolgendosi alla giuria popolare e mostrando le immagini della scena del crimine, con il corpo di Pompa nel soggiorno, in un lago di sangue davanti alla porta.
Mentre l'imputato, oggi 22enne, esce dall'aula, Aghemo e Avenati Bassi accusano lui, il fratello e la madre si essersi inventati la colluttazione con il padre (infatti Loris e Maria Cotoia sono indagati per falsa testimonianza). Così come sarebbe inventata la corsa tra padre e figlio per prendere il primo dei sei coltelli usati da Alex. Anche perché la madre ha sempre sostenuto di non aver sentito niente perché era chiusa in bagno a truccarsi: «E non esce mentre fuori succede di tutto? Vi sembra possibile che una persona resti in bagno con il dubbio di rimanere vedova o senza figli?».
Per la prima volta il procuratore accusa apertamente di “inquinamento probatorio” quando parla del messaggio che Loris mandò a suo zio, fratello del padre, alle 22.26 del 30 aprile: “Cosa aspetti a intervenire? Noi siamo qui che stiamo rischiando la vita, vieni ad aiutarci, abiti a 2 minuti di macchina da noi”. Per l’accusa, venne inviato a omicidio già commesso: alle 22.22 Pompa ha messo giù il telefono dopo aver parlato con la madre e il fratello, alle 22.26 è già morto. «Il messaggio è fasullo, un colpo di genio e una vendetta, in modo che lo zio abbia sulla coscienza un omicidio che hanno fatto loro in quel lasso di tempo, che è un'eternità. E credo che neanche la chiamata di Alex ai carabinieri sia stata genuina: io l'ho ascoltata, la mia impressione è che leggesse - prosegue Avenati Bassi - Il cadavere non aveva neanche una ferita da difesa, a parte un taglietto di un centimetro: com’è possibile se non c’è nessuno che ti tiene fermo? Loris invece aveva delle ferite agli avambracci: il padre vi ha piantato le unghie mentre l’altro lo teneva, permettendo ad Alex di andare a prendere gli altri coltelli». Da qui la richiesta di condannare di nuovo l'imputato a 6 anni, 2 mesi e 20 giorni e indagare per omicidio volontario anche l'altro figlio: «I due fratelli hanno agito per odio e per rabbia dopo anni di maltrattamenti psicologici da parte del padre, un pazzo squilibrato. La situazione era talmente grave che ha portato Alex e Loris a commettere il reato: non ci hanno più visto. Non c’è margine per il ragionevole dubbio e per la legittima difesa contro un padre che sta per fare strage».
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