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Il colloquio dopo l'archiviazione dell'inchiesta

Cadono le accuse e l'ex senatore Pd Esposito si sfoga: "Se i magistrati sbagliano, devono pagare"

Un viaggio di sofferenza e ingiustizia: Stefano Esposito racconta la sua battaglia per la verità e riflette sul futuro della politica e della giustizia in Italia

Stefano Esposito

Stefano Esposito

Stefano Esposito non canta vittoria e non dice neppure d’essere contento. La sofferenza provata in questi anni travalica un atto giudiziario che lo scagiona completamente, ma che non è sufficiente a donargli serenità. Così è per lui, come lo sarebbe per chiunque fosse stato sottoposto alle stesse forche caudine. «Il danno che mi è stato inflitto è incalcolabile - commenta l’ex senatore -. Una ferita aperta che non si rimargina. Questa archiviazione segna la fine di una sofferenza inenarrabile, ma non cancella i patimenti e le conseguenze a lungo termine. Per sette anni, 2.589 giorni, sono stato vittima di accuse infamanti e di gravi violazioni dei miei diritti. Non considero questa una vittoria. Le cicatrici che porto, così come quelle inflitte alla mia famiglia, non potranno mai essere cancellate da niente e da nessuno. La giustizia ha ristabilito la verità, ma il prezzo che ho pagato è stato altissimo. Cercherò di continuare a raccontare questa vicenda affinché simili ingiustizie non si ripetano, con la consapevolezza che, nel nostro Paese, non tutte le vittime di ingiustizia hanno la possibilità di difendersi per così tanti anni e di poter raccontare la propria storia».

GIULIO MUTTONI COINVOLTO NELL'INCHIESTA

Il pensiero e il tormento principale che affligge l’ex senatore del Pd, riguarda la sua famiglia: «Per loro il danno di riflesso è stato ben peggiore di quello che ho subìto io, fossi stato solo sarebbe stato diverso. Purtroppo l’infamia ha colpito loro e mi ha reso ancora più debole ed esposto. Questo è il mio dolore più grande che si attenua, ma non si conclude certo con l’archiviazione». C’è poi un altro pensiero, che riguarda la politica, perché Stefano Esposito è stato un uomo di punta del Pd, senatore, esponente convinto dell’Alta Velocità, ha ricoperto anche il ruolo di assessore alla Mobilità e al trasporto pubblico del comune di Roma nella giunta Marino, quando nessuno voleva quella “gatta da pelare”. «In tutta sincerità, le confido che d’ora in avanti me ne starò lontano mille miglia dalla politica attiva, anche perché non mi riconosco più nelle dinamiche e nei contenuti “fast-food” di quello che è stato il mio partito. Un soggetto politico che agli inizi aveva fatto del garantismo una bandiera, ma poi si è visto cosa è accaduto. In verità di attestati di solidarietà io in questi anni ne ho avuti pochi. E quelli che ho ricevuto, preferisco tenerli per me, per non mettere queste persone a disagio o esporli in questa vicenda. Perché ciò che è accaduto a me, potrebbe succedere a chiunque altro».

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Quindi non vedremo più Esposito candidato o attivista politico, «ma sul piano culturale certo non mi tiro indietro e darò sempre il mio contributo». Tra i temi principali, ovviamente, c’è quello della giustizia: «Guardi, si parla tanto di riforme della Giustizia. Le posso garantire che ne sarebbe sufficiente una sola: il magistrato che sbaglia deve pagare. Così come accade per qualunque altra professione: il medico che sbaglia paga, l’ingegnere che sbaglia paga, il politico che sbaglia paga. Solo i magistrati non pagano. È una casta che ha un potere enorme, direi quasi di vita o di morte. Io provo un certo fastidio nel parlare dei due magistrati torinesi, un pm e una gup, che si sono occupati di questa vicenda. Hanno violato la Costituzione, ma non ho visto alcun comunicato, nonostante le enunciazioni di principio, dell’Associazione nazionale magistrati che lo abbia sottolineato». 

STEFANO ESPOSITO

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