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Vaticano

A Ivrea un vescovo progressista per punire i preti tradizionalisti

Papa Francesco conferma la nomina di monsignor Daniele Salera a capo della diocesi

Il clero

Il clero tradizionalista

«Habemus Papam». O meglio, abbiamo il vescovo, che non sarà quello di Roma, cioè il Papa, ma viene da Roma e di Francesco è il vice, in quanto ausiliare della diocesi più importante del pianeta. Si tratta di monsignor Daniele Salera, 54 anni. L’annuncio è stato dato ieri, contemporaneamente, dall’attuale capo della chiesa eporediese, Aldo Cerrato, e dalla Santa Sede attraverso un comunicato di rito. Di Salera si conosce tutto perché, rinunciando al suo abituale riserbo, il Vaticano aveva fatto trapelare il nome con qualche giorno di anticipo. Per cui è venuto meno pure l’effetto sorpresa a cui la Chiesa ci ha abituato da secoli. Una nomina scontata al punto che qualcuno aveva ipotizzato che il nuovo vescovo di Ivrea sarebbe stato un altro, se non addirittura, lo stesso Cerrato in prorogatio. Invece no, Francesco è andato dritto per la sua strada e ha inviato a Ivrea un vescovo di fedele osservanza “bergogliana”, cioè un progressista.

PAPA FRANCESCO E IL NUOVO  VESCOVO DI IVREA MONSIGNOR DANIELE SALERA

Già da alcuni giorni tra il clero della diocesi eporediese ci si domanda il significato di questa nomina. Inviato “quasi alla fine del mondo” per punizione, oppure per “fare pulizia” e poi ambire a qualcosa di più? Esclusa la prima ipotesi, proprio per gli identici intenti tra pontefice e vescovo, si sospetta che il progressista Salera potrebbe “colpire” quel gruppo di preti tradizionalisti, in prevalenza giovani, fedeli a “papa Ratzinger”, che celebrano la messa (almeno una volta la settimana), in latino e secondo il rito di San Pio V. Indossano abitualmente l’abito talare e insegnano il catechismo adottando come testo base quello di San Pio X, con domande e risposte preconfezionate. «Fosse così, e si spera di no - riflette un anziano prevosto ormai relegato, perché infermo, in una casa di riposo in Canavese - sarebbe una scelta clericale e triste. Questa terra ha bisogno d’altro per tornare ai fasti di un tempo, quando le chiese erano piene di gente e le bettole vuote. Oggi, come diceva il Curato d’Ars, è il contrario: “le chiese sono vuote e le bettole piene”». 

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