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L'INTERVISTA

«Love Addiction»: Quando l’amore può diventare una dipendenza fatale

Il criminologo Sergio Caruso spiega il tragico fenomeno dell'omicidio-suicidio

Sergio Caruso, criminologo

Sergio Caruso, criminologo

Il 2024 sta per concludersi, ma l’anno che sta per finire è stato segnato da tragiche notizie che hanno sconvolto l’opinione pubblica: uomini che uccidono le loro compagne e poi si tolgono la vita. Storie devastanti che spesso fanno notizia, alimentando la riflessione su un fenomeno che ancora oggi rimane difficile da comprendere. Ma di cosa si tratta esattamente? Abbiamo parlato con il criminologo Sergio Caruso, esperto di delitti complessi, che da anni studia il lato oscuro della mente umana. Secondo Caruso, questi drammatici episodi si inseriscono in un quadro patologico noto come "Love addiction", o dipendenza affettiva.

Un termine che descrive una condizione nella quale una relazione sentimentale diventa un bisogno insostenibile e ossessivo, al punto da trasformarsi in una vera e propria malattia. «Il disturbo di personalità narcisistica è il terreno fertile per questi eventi», afferma Caruso. La co-dipendenza tra vittima e carnefice, un legame malato e distruttivo, è il focus di tragedie come queste. La "Love addiction" non è semplicemente una passione smodata, ma una dipendenza che, come le tossicodipendenze, distrugge l’individuo e chi gli sta intorno. Come un alcolista o un drogato, la persona coinvolta in questa dipendenza affettiva può arrivare a compiere atti estremi pur di non perdere ciò di cui è ossessionata. «E quando annienta il suo "centro", non trova più motivo di andare avanti. Ecco spiegato il suicidio dopo l'omicidio», aggiunge Caruso, spiegando come la rottura di questo legame malato possa portare la persona a compiere l'irreparabile. Contrariamente a quanto si pensi, la «Love addiction» non è un fenomeno esclusivo di una fascia di popolazione. «Si tende a credere che sia sempre l’uomo a uccidere la donna, ma non è così. Questo disturbo affligge entrambi i sessi, senza distinzione. Le vittime, così come i carnefici, possono essere uomini o donne, e i crimini avvengono indistintamente in ogni parte del Paese, dal nord al sud. Non ci sono zone più a rischio di altre», spiega il criminologo. «Non ci sono aumenti esponenziali. Semplicemente, oggi se ne parla di più», precisa Caruso, concludendo che l'attenzione verso i crimini di genere è aumentata, ma le dinamiche alla base restano le stesse. In questo contesto, la figura della vittima di «Love addiction» è complessa: si tratta spesso di persone che non riescono a vedere la propria vita senza l'altro, che vivono la relazione come una necessità, senza riuscire a liberarsene anche quando diventa tossica. Questo bisogno di "possesso" affettivo può portare all’esplosione di violenza, alla gelosia estrema, e infine al tragico epilogo.

Un amore malato che distrugge non solo chi lo subisce, ma anche chi lo impone, in un ciclo infinito di sofferenza e annientamento. «Mi è capitato di rapportarmi a persone che avevano ucciso il coniuge. Alcune di loro continuano a "rievocare" la persona che hanno ucciso: ovvero, continuano a parlare dell'individuo che hanno ammazzato ancora al presente, come fosse ancora in vita», racconta Caruso, aggiungendo un elemento inquietante che sottolinea la profondità della malattia psicologica legata a questi atti. Ma come è possibile ritrovarsi in una situazione simile, magari dopo tanti anni di relazione? «Non è un qualcosa che si verifica di punto in bianco: i campanelli d'allarme vi sono già all'inizio di una relazione patologica, solo non siamo educati a riconoscerli», conclude Caruso.

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