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Il caso

Autista si uccide perché lavora troppo: ora i suoi capi sono accusati di omicidio colposo

L'uomo, che si era buttato dalla finestra, arrivava a lavorare più di 50 ore a settimana

Autista si uccide perché lavora troppo: ora i suoi capi sono accusati di omicidio colposo

Quel camionista si era suicidato a inizio 2023, buttandosi dalla finestra di casa. Tra le cause che l'avevano spinto a compiere l'estremo gesto, a ridosso della pensione, c'era il troppo stress causato dal lavoro eccessivo da corriere: a quanto pare lavorava più di 50 ore a settimana, sei giorni su sette. Ora, a due anni di distanza da quella tragedia, la Procura di Torino ha chiuso le indagini: il procuratore aggiunto Vincenzo Pacileo, con uno degli ultimi atti prima di andare in pensione, ha chiesto il rinvio a giudizio dell'amministratore delegato dell'azienda di Lodi per cui l'uomo prestava servizio e il dipendente preposto a controllarlo nell'area del Sito Interporto. Per entrambi l'accusa è omicidio colposo e sfruttamento lavorativo.

A far aprire il procedimento era stato l'esposto presentato dall'avvocato Mariagrazia Pellerino, legale cui si era affidata la famiglia del camionista. Da lì erano partite le indagini, affidate a Ispettorato del lavoro, Spresal dell'Asl TO3 e polizia stradale.

L'uomo, 60 anni, era un dipendente di un'azienda di logistica e trasportava merce nei supermercati: per la procura la società «non avrebbe predisposto alcun modello organizzativo per prevenire la commissione del reato». Anzi, avrebbe architettato dei "trucchi" per bypassare i cronotachigrafi, dispositivi che registrano tutti i tempi e i movimenti eseguiti. I mezzi venivano usati «senza inserire la scheda tachigrafica» oppure «usando la scheda di altri lavoratori non impegnati alla guida». Così, tra gennaio e dicembre 2022, l'autista ha saltato decine di volte il riposo intermedio tra un turno di guida e l’altro. A quanto pare, l’autista si era rivolto al suo superiore per chiedere di ridurre i ritmi ma era stato insultato e schiaffeggiato davanti ai colleghi. A vantaggio dell'azienda, a quanto risulta, c'era un contratto aziendale sottoscritto da sigle poco rappresentative a fine gennaio dello stesso anno. Un accordo secondo cui «la durata media della settimana lavorativa non deve superare le 58 ore lavorative con una durata massima di 61 ore», a patto che la media nell’arco dei sei mesi non superi comunque le 58 ore. In pratica, una media di 10 ore di guida al giorno, sei giorni su sette.

Però la Procura sostiene che non siano stati rispettati gli orari di lavoro, i riposi, la durata dei turni notturni e le norme per la movimentazione dei carichi manuali. Anche nei protocolli interni gli investigatori hanno rilevato delle falle, come la mancanza di un’adeguata documentazione sui rischi da stress lavoro-correlato e sui controlli periodici dei tempi di guida previsti dalla legge. Tutte accuse respinte dalla società e dal suo amministratore delegato che, tramite l'avvocato difensore Danilo Cilia, si dichiarano totalmente estranei a quanto contestato.

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