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13 Gennaio 2025 - 14:40
Assolto perché il fatto non costituisce reato. Tradotto, perché lo ha fatto per legittima difesa: è finito così l'ennesimo processo a carico di Alex Cotoia, il giovane che uccise il padre violento Giuseppe Pompa. Era il 30 aprile 2020 quando lo colpì con 34 coltellate nella loro casa di via De Amicis a Collegno (poi, come il fratello, Alex ha preso il cognome della madre). Lo fece, secondo quanto ricostruito nei vari gradi di giudizio, proprio per difendere la donna, vittima delle continue violenze del marito.
Questo quadro lo portò a un'assoluzione in primo grado, ribaltata dalla Corte d'Appello nel dicembre 2023: in quell’occasione Alex, unico imputato del delitto, fu condannato a 6 anni, 2 mesi e 20 giorni per omicidio volontario. Ad agosto 2024, però, la Cassazione ha annullato la sentenza e ha disposto un nuovo giudizio con due "paletti" per i giudici: rafforzare la motivazione di un’eventuale condanna e specificare meglio i profili di legittima difesa, una questione che ha reso celebre il caso a livello nazionale. In questo secondo processo d'Appello i procuratori Giancarlo Avenati Bassi e Alessandro Aghemo hanno ribadito la loro tesi, cioè la colpevolezza del 22enne. Hanno anche chiesto di indagare il fratello Loris Cotoia perché, secondo loro, è complice del delitto: «Teneva fermo il padre mentre Alex colpiva». E hanno chiesto di svolgere una perizia sui coltelli, visto che all’epoca dei fatti vennero sequestrati ma mai analizzati.
Invece gli avvocati dell'imputato, Enrico Grosso e Claudio Strata, hanno chiesto la conferma dell'assoluzione perché, secondo loro, «i procuratori offrono tesi “acrobatiche” e campate per aria, sono solo colpi di teatro». E il collegio, presieduto dalla giudice Alessandra Bassi, ha sposato questa tesi e ha confermato la sentenza di primo grado.
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