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L'inchiesta
01 Febbraio 2025 - 07:20
Sapevano che stavano “truccando” il messaggio pubblicitario. Perché era chiaro a tutti gli addetti ai lavori che le vendite dei pandori non andavano direttamente in donazioni all’ospedale Regina Margherita. Così come le uova di Pasqua non finanziavano le attività dell’impresa sociale “I Bambini delle Fate”: «In realtà le vendite servono per pagare il vostro cachet esorbitante» scriveva una dirigente della Balocco in risposta allo sfogo della sua amministratrice delegata. «Si attribuiscono meriti che non hanno ma il buon Dio ne terrà conto al momento opportuno» scriveva Alessandra Balocco in una e-mail del 20 ottobre 2022.
Il carteggio è solo uno dei retroscena che emergono dagli atti dell’inchiesta che vede imputate, tra gli altri, proprio Balocco e l’influencer Chiara Ferragni: le due, insieme all’ex manager Fabio Damato e a Francesco Cannillo, sono state rinviate a giudizio per truffa aggravata per la pubblicità ingannevole sulle vendite del pandoro “Pink Christmas” e delle uova di Pasqua firmate dalla Dolci preziosi.
I fatti sono ormai noti: le aziende dolciarie e Ferragni avrebbero fatto credere ai clienti che, comprando i loro prodotti, avrebbero versato una parte del prezzo in beneficenza. D’altronde, nei comunicati e nei post dell’influencer, c’era scritto “le vendite serviranno a finanziare”. Ma non era così: il contributo di 21 mila euro più Iva per “I Bambini delle Fate” era stato fissato in precedenza, così come i 50mila euro versati da Balocco all’ospedale Regina Margherita. E intanto Ferragni aveva incassato 1 milione di euro, come stabilito in anticipo e senza alcun rapporto sulle vendite. Mentre, a quanto pare, la questione della beneficenza è stata introdotta nel contratto «dal team dell’influencer»: lo ha messo a verbale un’impiegata del marketing dell’azienda dolciaria di Fossano (Cuneo), sentita dagli investigatori del Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza di Milano. È da queste “imposizioni” che sarebbe partito lo sfogo di Alessandra Balocco e della sua collaboratrice. Ma non erano mica le uniche: «Purtroppo il comunicato così com’è porta il consumatore a pensare che, comprando l’uovo, si produca automaticamente un sostegno ai Bambini delle Fate» scriveva il 21 febbraio Federico Camporese, responsabile nazionale dell’impresa all’addetta marketing di Cerealitalia, che aveva “confezionato” la comunicazione dell’iniziativa. L’obiettivo dell’e-mail di Camporese era modificare il testo: «Come spiegato in diverse occasioni, risulta ingannevole nei confronti dei consumatori».
Dagli atti dell’indagine della Guardia di finanza e della Procura di Milano emerge anche un altro particolare: quando i militari si sono presentati nelle sedi delle società di Chiara Ferragni per raccogliere documentazione sulla presunta truffa, un collaboratore della influencer avrebbe mandato un messaggio WhatsApp a tutto il personale per avvisare di non andare in ufficio: «C’è la Finanza e stanno interrogando parte del team. Fabio (verosimilmente Damato, l’ex collaboratore di Ferragni rinviato a giudizio, ndr) non vuole che inizino a interrogare tutti».
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