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09 Febbraio 2025 - 09:00
Ecco la riforma della discordia: trasformare i medici di famiglia in dipendenti del Sistema sanitario nazionale
La riforma della discordia. Trasformare i medici di famiglia in dipendenti del Sistema sanitario nazionale. In “travet”, per dirla alla piemontese. Sarebbe davvero una svolta storica, anche se il testo è ancora in lavorazione e non è ancora definito. C’è però la bozza, che a quanto pare non è stata ancora visionata dai sindacati dei medici, i quali chiedono di essere coinvolti in un tavolo tecnico per poter dare un parere sulle criticità che un cambiamento epocale come questo si porterebbe dietro. L'idea che i medici di famiglia passino da liberi professionisti in un regime di convenzione a un regime contrattuale di dipendenza diretta dal Servizio sanitario nazionale, però, non è nuova. Del tema della riorganizzazione della medicina di famiglia se ne discute da anni, fin dal governo Draghi, quando c’era Speranza ministro. E i sindacati, come la Federazione dei medici di medicina generale (Fimmg) e la Federazione degli ordini dei medici (Fnomceo), hanno sempre espresso la loro ferma contrarietà, per diverse ragioni, legate soprattutto al rapporto fiduciario tra medico e paziente, che con questa riforma verrebbe alterato.
Ma perché questa svolta? La proposta nasce dalla necessità di rendere operative le 1350 case di comunità con fondi del Pnrr (due miliardi di stanziamenti) che al momento sono edifici vuoti, privi di personale: per garantirne il funzionamento, i cittadini dovrebbero trovare dei medici di famiglia o specialisti a disposizione dalle 8 del mattino alle 20 di sera. Le ore di lavoro settimanali per i medici di famiglia diventerebbero 38, a fronte del minimo garantito oggi, che oscilla tra le 5 e le 15 ore, a seconda del numero di pazienti. Il medico di base dovrebbe alternare l'attività rivolta ai propri assistiti, coniugandola con quella messa a disposizione di tutti. Tuttavia, la riforma interesserà solo i nuovi assunti, mentre chi esercita già la sua attività rimarrebbe un libero professionista, a meno che non sia lo stesso medico di medicina generale a chiedere di passare a un rapporto di impiego.
A spingere per il cambiamento sono le regioni Lombardia, Lazio e Veneto, che stanno facendo pressioni sul ministro della Salute, Orazio Schillaci. Contrari i sindacati dei medici, secondo i quali con questa svolta si penalizzerebbe di parecchio l'attrattività del ruolo del medico di base e, soprattutto, si farebbe grosso un favore al settore della sanità privata
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