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Il caso
18 Febbraio 2025 - 07:20
Lo stupro c’è stato ma non è stato lui, l'unico arrestato per l'incubo vissuto da una ragazza di 27 anni: lo dice il test del Dna cui lui stesso aveva chiesto di essere sottoposto. Quindi resta senza nome il "mostro" che ha violentato Aida (nome di fantasia) la sera de 15 ottobre al parco del Valentino.
Quella sera la 27enne di origine peruviana ha bevuto 3-4 lattine di birra vicino alla stazione di Porta Nuova, poi si è messa alla ricerca di un bancomat. «Un ragazzo, sui 18 anni e con accento arabo, si è offerto di aiutarmi. Siamo andati verso il Valentino ma, prima di arrivare, mi ha strappato il cellulare dalle mani» ha raccontato la giovane nella denuncia presentata al commissariato San Paolo. Lei lo ha rincorso fino dentro il rudere del Club 84, ex discoteca di fronte a corso Marconi: «In un attimo due nordafricani mi hanno bloccato l’uscita, altri due mi hanno spinta e buttata sopra un materasso». Dove si è consumato lo stupro, concluso con uno degli stranieri che diceva all’altro: «Ora sei un uomo». Poco dopo i sanitari del 118 hanno trovato la 27enne seminuda in un altro punto del parco, verso il Po.
Da lì è partita l’indagine, con gli agenti che il 19 ottobre hanno fatto irruzione all’ex Club 84 insieme ad Aida. Lì hanno trovato otto uomini africani, tra cui il 19enne che la ragazza ha indicato come il primo degli stupratori. Per questo gli investigatori, coordinati dal procuratore aggiunto Cesare Parodi, hanno proceduto al fermo del ragazzo (poi convalidato dal giudice per le indagini preliminari).
L’avvocato del giovane egiziano, Stefania Giordano, ha poi fatto ricorso al Tribunale del riesame per chiedere la scarcerazione, alla luce delle incertezze sul suo riconoscimento da parte della vittima.E i giudici le hanno dato ragione, sostenendo che si debba considerare lo «stato confusionale» di Aida a causa dell’alcol, del buio e della situazione. «Può essere stato lui a commettere la violenza ma non ci sono abbastanza indizi per tenerlo in carcere» è, in sostanza, la tesi del Tribunale. Ma, nonostante il 19enne sia tornato in libertà, gli investigatori sono andati avanti con il test del Dna. Che ora "salva" l'indagato e complica l'inchiesta per trovare i responsabili dello stupro.
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