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Giuseppe Conte il Miracolato. E la caricatura della politica

Da oscuro avvocato a presidente del Consiglio fino alle posizioni filorusse e anti Europa

Giuseppe Conte il Miracolato. E la caricatura della politica

In un popolo di sessanta milioni di abitanti come quello italiano vi sono contenute tutte le tipologie della varia umanità italica. E il Parlamento ne è la rappresentanza e lo specchio. Prendiamo Giuseppe Conte. Venne inopinatamente proiettato nella ribalta politica dopo l’accordo tra 5Stelle e Lega per formare un governo giallo-verde. Non trovando l’accordo per un’alternanza tra Salvini e Di Maio (mandatario di Beppe Grillo all’epoca) ebbero la bella pensata di cercare un personaggio che potesse, a loro giudizio, essere eterodiretto. Una specie di Presidente del Consiglio fantoccio che avrebbe dovuto agire secondo le direttive dei due vicepresidenti. Fu scelto un oscuro ex professore del grillino Alfonso Bonafede, poi assurto a Ministro della Giustizia, tale Giuseppe Conte da Volturara Appula. Si presentava con abbigliamento da notabile meridionale e l’eloquio più da azzeccagarbugli che da politico, la sua fortuna politica fu l’epidemia di Covid. Tutti ricordano l’appuntamento serale televisivo in cui l’allora Presidente del Consiglio tutti i santi giorni sciorinava con macabro rituale il numero quotidiano dei morti per l’epidemia. Sembrava il Dottore della Peste 2.0.

Questo gli procurò comunque vasta popolarità sul pubblico televisivo femminile un po’ agée, disperato per la paura del contagio e per la clausura forzata che oltre che mettere in ginocchio le sue fans mise in ginocchio l’economia italiana. Essendo stato lui stesso un miracolato, il suo governo tentò e proclamò il miracolo dell’abolizione della povertà. Un esperimento tanto riuscito quanto quello degli alchimisti medievali di trasformare il metallo vile in oro. Il suo esperimento alchemico fu l’introduzione del reddito di cittadinanza, cercando di trasformare gli italiani in un popolo di assistiti dallo stato. La “nuova” ideologia grillina non era quella di porre le condizioni per creare posti di lavoro ma dare a milioni di persone un reddito. Al lavoro ci si poteva pensare più avanti. Conte abbracciò entusiasticamente questa politica e ne divenne il più forte interprete ed esegeta, tanto che in una spirale delirante di fantaeconomia volle introdurre il superbonus del 110% per, questa volta, aiutare con i soldi di Pantalone cioè dei contribuenti, anche quelli che poveri non erano. I possessori di prime e seconde case ma anche di castelli e magioni. Con una legge scritta con i piedi, furono truffati miliardi di euro allo stato, i prezzi dei materiali edili aumentarono vertiginosamente e si arricchirono i vari geometri, ingegneri, architetti, proprietari che si “rifecero” le case e le magioni coi soldi dei contribuenti, lasciando un buco nelle casse dello stato che ha condizionato e condizionerà la politica economica di qualunque governo per i prossimi due decenni. E non vogliamo infierire sulla classe dirigente da cui era attorniato Giuseppe Conte, dal già citato Bonafede al Ministro dei trasporti Toninelli (quello che giurava sull’esistenza del traforo del Brennero), alla ministra dell’istruzione (sic!) Azzolina, quella dei banchi a rotelle, rottamati e costati al contribuente 450 milioni di euro. La bieca e smaccata populistica demagogia di Giuseppe Conte e dei suoi ha prodotto e continua a produrre danni.

In politica estera ha ritrovato il suo vecchio amico Trump, che lo chiamava affettuosamente Giuseppi, ma anche Vladimir Putin della cui propaganda si è cibato per supportare le sue tesi pseudopacifiste. Finalmente, a detta di Conte, è venuta fuori “la verità”, quella di Trump e che lui sostiene da tre anni. Cioè il dittatore sarebbe Zelenski e non Putin e la guerra l’avrebbe scatenata l’Ucraina. Una verità, per Conte, per la quale la premier Giorgia Meloni dovrebbe vergognarsi e dimettersi in quanto “colpevole” di aver “compiaciuto le cancellerie internazionali” senza “ritagliarsi un ruolo nel negoziato”. Insomma un crescendo di banalità e falsità politiche per giustificare le sue posizioni antioccidentali, filorusse e contro l’Europa. Al punto che anche da ambienti qualificati del Pd è giunta l’intimazione: adesso basta! Sta esagerando.

La riduzione della politica a macchietta, come fosse un teatrino, da parte dell’uomo con la pochette ma anche di molti suoi colleghi, contribuisce, in queste ore cruciali per il futuro dell’Europa, non solo al discredito delle istituzioni ma anche all’allontanamento di sempre più persone dall’interesse per la politica che si ripercuote sul sempre più ampio astensionismo dal voto. Purtroppo, come dicevamo prima, i pregi e i difetti degli italiani si riflettono nel ceto politico che li rappresenta.

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