Cerca

Lo scenario

Il futuro del papato: le dimissioni, il conclave e la difficile successione, ecco ciò che sappiamo

I cardinali potrebbero guardare anche fuori dalla Cappella Sistina. Intanto i fedeli pregano per Francesco

Il futuro del papato: le dimissioni, il conclave e la difficile successione, ecco ciò che sappiamo

Il Papa è il Papa. Di destra o di sinistra (giusto per semplificare), progressista o conservatore, simpatico o antipatico che sia, è sempre il Papa. «E’ il dolce Cristo in terra», lo definiva Santa Caterina da Siena. I non credenti non sarebbero d’accordo con la “dottora della Chiesa”, ma è certo che l’autorità morale del pontefice è riconosciuta in tutto il pianeta, da credenti e miscredenti. Per questo l’improvviso aggravarsi delle condizioni di salute di Francesco ha indotto tutti i media del mondo ad occuparsene, e in prima pagina. Il Vaticano è sì lo Stato più piccolo del pianeta, ma il prestigio, la forza e il radicamento delle comunità ecclesiali in ogni continente, fa della religione cattolica la prima e la più importante. Non solo, la Santa Sede riesce a dialogare a Est come a Ovest, a Nord come a Sud, attraverso una rete diplomatica che non ha eguali neppure nelle grandi potenze, che spesso sono tali solo perché mostrano i muscoli, cioè armi e ricchezze.

Per la Chiesa, quella di Roma, il primato, come diceva il filosofo francese Étienne Gilson, è nella Fede, certamente, ma anche nel prestigio e nell’intelligenza, acuta e raffinata. Francesco si è aggravato e i cristiani pregano per lui, ma senza particolati tabù rispetto ad altri temi che lo riguardano: le ventilate dimissioni e la sua successione. Si può parlare anche di questo nella Chiesa, senza suscitare scandalo o cadere nel cattivo gusto. In fondo i cardinali lo fanno già da tempo, pensando alla successione. Anche lo stesso Papa, attraverso i Concistori che si sono succeduti, altro non ha fatto se non preparare il prossimo Conclave. E’ anche questo ciò che distingue la Chiesa cattolica dalle altre religioni o dalle monarchie, da imperi e da tutti i sistemi di governo del mondo. Un rapporto diverso con la morte e un’accettazione della malattia, quasi fosse una benedizione, che non si vuole nascondere, ma che quasi si ostenta. Insomma, almeno da Wojtyła in avanti, ma anche prima con Paolo VI e Pio XII, il Papa non è mai morto per un raffreddore, come accadeva, invece, ai leader dell’Unione Sovietica. Nel corso di un’intervista, il cardinale Gianfranco Ravasi ha svelato che il desiderio più grande di Francesco «è quello di condurre a termine quest’anno giubilare».

E lo farà certamente, se guarirà. Poi darà le dimissioni e si apriranno le porte del Conclave per chiudersi sul mondo, in trepida attesa del successore. E, come prima di ogni elezione di un pontefice, la Chiesa appare divisa e la solita girandola di nomi che circola insistentemente, quasi mai contiene quello di colui che sarà eletto. Unica eccezione recente, quella di Papa Ratzinger, di fatto indicato da Wojtyła come suo successore e di fronte al quale lo stesso Bergoglio fece un passo indietro. I “rumors” che si percepiscono oggi tra i vaticanisti esperti dei grandi giornaloni sono pochi. Nel Sacro Collegio sembra aleggiare un sentimento anti-italiano. I nostri cardinali sarebbero tagliati fuori, fin da subito, considerando anche che gli “azzurri” (mi si perdonerà per il termine) rispetto al passato sono un’esigua minoranza che da sola non può imporre alcun nome. Senza considerare, ovviamente, le evidenti divisioni tra progressisti e conservatori che ci sono anche tra gli italiani. Su un piano generale i più organizzati sembrano essere i tradizionalisti che hanno nel cardinale africano Robert Sarah il loro punto di riferimento, ma che non sono la maggioranza.

Più frammentata l’area progressista che a differenza dell’ultimo Conclave non ha individuato finora un leader come lo era stato il cardinale Bergoglio. La divisione più evidente, semmai, sembra essere quella geografica: gli americani, i cardinali dell’America Latina, gli africani, gli Europei e i porporati dell’Asia. Sarà eletto Papa colui che riuscirà a fare sistema delle istanze che provengono dalle eminenze di tutti i continenti. In altre epoche, in queste condizioni, il favorito sarebbe stato il segretario di Stato, ruolo che oggi ricopre il cardinale Pietro Parolin, il cui unico “difetto” è quello di essere italiano, ma che i porporati dell’Asia voterebbero con convinzione. Parolin è un diplomatico e il Corpo diplomatico della Santa Sede, si sa, è il più prestigioso al mondo. Oltre all’italianità, Parolin difetterebbe anche dell’assenza di un’esperienza pastorale significativa, caratteristica essenziale che non è mai mancata agli ultimi pontefici: Papa Giovanni era il Patriarca di Venezia, come Luciani, Paolo VI arcivescovo di Milano, Wojtyła di Cracovia, Ratzinger lo era stato di Monaco, Bergoglio di Buenos Aires. Il prossimo Conclave, almeno allo stato dei fatti, può essere paragonato a quello che elesse San Giovanni Paolo II.

Per la prima volta dopo secoli, i cardinali decisero di cambiare rotta, di effettuare una sorta di “rivoluzione copernicana”, costringendo all’angolo gli italiani, divisi tra i supporters del cardinale Benelli e dall’arcivescovo di Genova Siri, ed elessero un Papa «di un Paese lontano». Anche oggi, come ieri, il Sacro Collegio potrebbe stupire il mondo con un’elezione a sorpresa, imprevedibile. L’ipotesi, suggestiva, è quella di un Papa eletto che non sia un cardinale. L’ultimo è stato, nel 1378, Urbano VI, al secolo Bartolomeo Prignano, napoletano, arcivescovo di Bari. Insomma, i cardinali potrebbero anche guardare al di fuori della Cappella Sistina e pensare ad una personalità della Chiesa con grande carisma e ascendente. Ma se per Wojtyła a tessere la tela fu un gigante della Chiesa come l’allora arcivescovo di Vienna Franz König, oggi non sembra emergere alcun raffinato tessitore. Non restano che gli auspici e, da parte nostra, l’augurio è che il prossimo Pontefice sia giovane, dinamico e attivo e possibilmente torinese, come il cardinale Roberto Repole.

Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter

Logo Federazione Italiana Liberi Editori L'associazione aderisce all'Istituto dell'Autodisciplina Pubblicitaria - IAP vincolando tutti i suoi Associati al rispetto del Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale e delle decisioni del Giurì e de Comitato di Controllo.