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L'agguato

Niente perizia psichiatrica, il Conte col machete va a processo (e non solo lui)

Pietro Costanzia è accusato di tentato omicidio. Altri imputati scelgono di patteggiare

Lo yacht, il campione del Real e la figlia del torero: la vera storia del Conte col machete

Nessuna perizia psichiatrica per Pietro Costanzia di Costigliole, ormai conosciuto a Torino come Conte: è stata respinta la richiesta presentata da Wilmer Perga, l'avvocato del 24enne, discendente di una antica famiglia nobile. Poi la giudice per l'udienza preliminare, Ombretta Vanini, ha deciso per il rinvio a giudizio del Conte: è accusato del tentato omicidio di Oreste Bonelli, il 23enne che a Torino, il 18 marzo 2024, fu gravemente ferito a colpi di machete in via Panizza a Mirafiori (i medici del Cto hanno poi dovuto amputargli una gamba).

Perga aveva presentato dei documenti giunti dalla Spagna (dove Pietro ha vissuto) da cui emergevano dei disturbi caratteriali legati verosimilmente al consumo di droghe. Gli atti sono stati acquisiti e verranno affrontati al processo, che Pietro affronterà con il rito abbreviato. Hanno fatto la stessa scelta il fratello Rocco, presente all'agguato di un anno fa, il papà Carlo e la fidanzata spagnola, la modella Zahara Bao Rider. Altri quattro imputati, tutti amici del Conte, hanno scelto di patteggiare (la pena massima, stando a quanto emerge, sarà di 3 anni e 4 mesi): fra loro c'è anche la vittima, imputato per spaccio di stupefacenti. Una quinta amica affronterà la messa alla prova.

Il movente dell’agguato sarebbe quello ipotizzato fin dall’inizio dell’inchiesta, una punizione per un approccio sessuale  subito dalla ragazza del conte Pietro Costanzia di Costigliole. Pietro e il fratello avevano aspettato il rivale sotto casa di un complice che aveva attirato la vittima in zona con un pretesto: quando la vittima era passata in monopattino, Pietro Costanzia di Costigliole aveva tirato fuori la lama colpendo la vittima alla gamba. Su questo aspetto, Perga ha depositato una consulenza medica su Bonelli che contesta l’intento omicidiario dell’agguato: l'obiettivo del legale è dimostrare che quella sera il Conte non voleva ucciderlo ma solo ferirlo gravemente, tanto che prima di scappare gli aveva urlato qualcosa come "se parli ti ammazzo". I pubblici ministeri Mario Bendoni e Davide Pretti, che hanno coordinato le indagini della squadra mobile della polizia, faranno le proprie controdeduzioni.

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