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Il processo

Manda le foto nuda al vicino, poi lo ricatta col marito: condannata la "coppia diabolica"

La donna aveva accusato la vittima di violenza sessuale: «Ma non c'è mai stata»

Manda le foto nuda al vicino, poi lo ricatta col marito: condannata la "coppia diabolica"

«Volevi fottermi mia moglie» scriveva quel santenese al vicino di casa. E aggiungeva: «Se non vuoi che parli con la tua, di moglie, portami altri soldi». Una minaccia e una richiesta di denaro dietro cui si nascondeva un'estorsione spietata e studiata nei dettagli dai due coniugi, una "coppia diabolica" che poco fa è stata condannata in tribunale: due anni e due mesi per lui, accusato di estorsione; due anni e quattro mesi per lei, che doveva rispondere anche di calunnia. Il pubblico ministero Paolo Toso, che ha coordinato le indagini dei carabinieri, aveva chiesto una pena di tre anni e dieci mesi per lui e di quattro anni per lei.

I due, entrambi difesi dall'avvocato Silvia Merlini, vivono a Santena. Poco distante dalla loro vittima, assistita dal legale Davide Diana: è il 2022 quando l'uomo ingaggia l’imputato, muratore 45enne, per effettuare lavori di ristrutturazione a casa. Durante il cantiere, i coniugi iniziano a chiedergli dei soldi dicendo che sono in difficoltà economica: 200 euro un giorno, 500 quello dopo.  L’uomo li asseconda, poi la donna (oggi 40enne) comincia a inviargli dei messaggi con le sue foto nuda. Lui ricambia e ammette: «Mi ero invaghito di lei»

A quel punto entra in gioco il marito, con quei messaggi dai toni decisamente forti. Le richieste di denaro continuano, sono sempre più alte e si spingono fino a quota 15mila euro. Secondo l'accusa, però, è tutto organizzato: l’imputato fingeva, in pratica, di aver scoperto per caso quelle foto intime e sospettare una relazione tra il suo cliente e la propria moglie. Per il pm, però, «è evidente che c’era una solida intesa tra marito e moglie». E l'obiettivo era evidente: incassare, facendo continue pressioni sulla loro vittima. 

Il piano crolla perché l’uomo smette di pagare e trova il coraggio di sporgere denuncia. A quel punto scatta la perquisizione a casa della coppia, dove i carabinieri sequestrano telefoni e contanti. La donna, però, reagisce e, in una sua querela, accusa il cliente del marito di violenze sessuali. Parla di palpeggiamenti ma, al momento di raccontare tutto alle autorità giudiziarie, si contraddice e si confonde. Risultato: «Non c’è mai stata nessuna violenza» ricostruisce Toso. Per questo la signora si ritrova a processo anche per calunnia, un secondo reato che le è costato una pena più alta rispetto a quella del marito. 

«Questa è una storia di persone che non si sono mai rese conto di cosa stavano facendo – considera il sostituto procuratore nella sua requisitoria - Avrebbero dovuto capirlo e scusarsi, ma non l’hanno fatto». E ora sono stati condannati.

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