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Il convegno

Piemonte, terra di mafie? «Sono parte della società»

L'appello dei procuratori Musti e Bombardieri. Il governatore Cirio: «Dobbiamo essere tutti testimoni di giustizia»

Piemonte, terra di mafie? «Sono parte della società»

La locandina del convegno di oggi in Città metropolitana

«Dimentichiamoci il film "Il Padrino"» dice con un sorriso Lucia Musti. Ma è l'unica "concessione" del procuratore generale durante il suo intervento al convegno "Piemonte libero dalle mafie". Perché il problema della criminalità organizzata è serissimo nella nostra regione: «Qui le mafie non sono "a parte" della società ma sono nella società, ne sono parte»

L'incontro di oggi, nell'auditorium della Città metropolitana in corso Inghilterra, è organizzato dal Consiglio regionale per analizzare il fenomeno mafioso e sulle strategie di contrasto. Ospiti, tra gli altri, il procuratore generale Musti, il procuratore capo Giovanni Bombardieri e il governatore Alberto Cirio: «Dobbiamo essere tutti noi testimoni di giustizia: noi che rappresentiamo le istituzioni abbiamo il dovere di esserlo, di non girarci da un'altra parte e di denunciare»

Continua Musti: «La mafia imprenditrice è ben consapevole di quanto preziosi siano i professionisti, utili e più abili degli utilizzatori di armi, cioè degli appartenenti all'area militare. E la mafia si attrezza. Da una parte attinge a quei liberi professionisti che, incredibile ma vero, sono attirati come le falene nella luce della notte, proprio dai mafiosi». Per Musti le mafie «pur essendo inserite nell'economia legale, non fanno bene all'economia e determinano altresì situazioni di crisi nelle imprese sane. Non significa che le mafie abbiano abbandonato le modalità violente, ma che si sono evolute con caratteristiche più sofisticate, più raffinate».

Aggiunge il procuratore Bombardieri: «Se in Piemonte c'è la mafia, è perché il fenomeno è stato sottovalutato e perchè non c'è stata volontà di dare il dovuto rilievo. Conveniva a tutti per "stare tranquilli", eppure in questa regione ci sono state manifestazioni feroci della criminalità 'ndranghetista, ancora prima di altre zone del Nord Italia: intimidazioni, omicidi e tanti altri reati. Ma questo territorio si considerava immune». Poi, nel 1995, c'è stato il primo Comune sciolto per mafia nel Nord Italia (Bardonecchia). E in seguito grandi sequestri di droga e i maxi processi, come Minotauro e Platinum. Fino all'ultima inchiesta: «Noi sollecitiamo gli imprenditori a denunciare perché sono una risorsa, lo fanno per loro ma anche per gli altri. Dobbiamo dimostrare che gli inquirenti sono loro accanto: è un nostro dovere».

Continua il presidente della Regione: «Ho apprezzato molto il fatto che ci sia un impegno forte da parte di magistratura e forze dell'ordine per proteggere sempre di più e accompagnare sempre di più chi decide di essere un buon testimone di giustizia».

Cirio ha anche rivendicato un maggiore investimento sui beni confiscati alla mafia: «Abbiamo messo più risorse, siamo passati dai 6-700mila euro in media degli ultimi anni a 1.200.000 stanziati nel 2025: con una recente delibera abbiamo semplificato le procedure di utilizzo di queste risorse da parte degli enti pubblici. Restituire un bene confiscato non è solo utile perchè c'è un bene che torna all'utilizzo collettivo, ma è un segnale che lo Stato ha vinto: credo che questa sia sempre di più una strada che dobbiamo percorrere insieme».

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