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15 Aprile 2025 - 19:30
In farmacia
Tutti in Francia a comprare le medicine. Quelle di fascia C, a totale carico dei cittadini, costano fino all’80% in meno di quelli venduti in Italia. Lo dice da tempo il Movimento consumatori che, preoccupato dei recenti rincari già denunciati dal ministero della Salute, ha confrontato i prezzi di alcun medicinali “senza ricetta” nei due Paesi. E la convenienza di un carrello riempito Oltralpe è dimostrata dai numeri: la Tachipirina si paga il 30,94% in meno, l’antinfiammatorio Aspirina il 43,02%, il lassativo Laevolac il 71,6% e il calmante Tavor addirittura l’82,49%. I diversi regimi fiscali non c’entrano, spiega il Movimento Consumatori: «Variazioni così sensibili non possono dipendere solo da questo».
Secondo i consumatori, il Ministero della Salute è stato fin troppo ottimista, bacchettando Farmindustria perché i farmaci italiani sono più cari del 5% rispetto alla media europea. La differenza è «di gran lunga superiore», assicurano i Consumatori. E a Farmindustria, che ricorda al ministero come «le case farmaceutiche siano rigidamente controllate dal Cipe», il presidente del comitato risponde: «È vero, ma questo vale solo per i prodotti in fascia A e in fascia B; per quelli in fascia C il prezzo è libero ed è proprio questa la categoria più interessata dai rincari». Da qualche anno, in conclusione, in Italia i medicinali in fascia C costano «come l’oro».
E il caro prezzi non risparmia nemmeno la cosiddetta “medicina dolce”; alcuni medicinali omeopatici, si legge nella tabella del Movimento, in Francia costano dal 60 al 75% in meno che in Italia. «Sorge una domanda di fondo - aggiungono i consumatori - e cioè per quale motivo per i farmaci di fascia C ci sono stati rincari medi del 10% se l’inflazione è stabile?». Il problema vero, conclude il presidente, è che «su tutto questo comparto (fascia C) il ministero della Sanità non esercita alcun controllo e le case farmaceutiche sono assolutamente libere di imporre i prezzi che vogliono». Secondo un farmacista francese contattato dalla redazione, «da molti anni i governi che si sono succeduti nel mio Paese hanno voluto mantenere il prezzo del farmaco molto basso. Ad esempio, per un medicinale che in Europa costa in media 100, in Francia il prezzo imposto ai fabbricanti e alle case farmaceutiche è di circa 60-75. Una scelta dettata soprattutto dalla volontà di proteggere le finanze della Sécurité Sociale (il Servizio sanitario francese).
Così, il mercato francese presenta per molti produttori rendimenti meno ampi rispetto ad esempio alla Germania, al Regno Unito o ad altri Paesi. Le altre motivazioni citate dalle autorità francesi, pur importanti, non sono fondamentali». Non bisogna dimenticare, poi, che le farmacie transalpine stanno subendo una crisi profonda: «Le vendite online, ad esempio, stanno cominciando a svilupparsi e il governo francese riflette sulla possibilità di autorizzare Amazon a cedere medicinali sulla sua piattaforma». Il farmacista ricorda poi che «dal 2008 sono oltre 3mila le farmacie che hanno dovuto chiudere i battenti in Francia. Il nostro ruolo sarà presto ridotto a quello di meri distributori di farmaci, presto la nostra indipendenza non esisterà più, anche per via del fatto che siamo strozzati dal calo del giro d’affari e dei margini, dall’aumento delle tasse e dalla diminuzione della remunerazione». Per evitare tali discrepanze, recentemente è stato siglato un accordo dalle componenti della filiera distributiva con l’Aifa per la definizione di una nuova remunerazione delle farmacie che allinea l’Italia ad altri Paesi europei (come Belgio, Germania, Svizzera e Francia) che hanno già introdotto un sistema analogo a quello individuato dall’accordo, basato su una quota fissa per ciascuna confezione di farmaco e una ridotta quota percentuale.
«Questo meccanismo - commenta Federfarma - tende a valorizzare l’intervento professionale della farmacia nella dispensazione di tutti i medicinali, da quelli a brevetto scaduto a basso prezzo a quelli innovativi più costosi».
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