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La sentenza
17 Aprile 2025 - 07:00
Il killer Claudio Campiti
Ergastolo con tre anni di isolamento diurno per Claudio Campiti, l'uomo che l’11 dicembre 2022 trasformò una riunione condominiale in un massacro. La Prima Corte d’Assise di Roma ha pronunciato la sua sentenza per la strage di Fidene. Un verdetto atteso, che arriva al termine di un processo doloroso, segnato dalle testimonianze dei sopravvissuti e dai ricordi strazianti dei familiari delle vittime, presenti in aula.
Campiti, 59 anni, ha sparato in un gazebo di via Monte Giberto durante una riunione del consorzio Valleverde, uccidendo quattro donne: Nicoletta Golisano, Elisabetta Silenzi, Sabina Sperandio e Fabiana De Angelis. Lo ha fatto con freddezza e precisione, armato fino ai denti. Nella felpa, 55 proiettili. In tasca, altri 100. Al polpaccio, un coltello da sub. E nello zaino un passaporto, 5700 euro in contanti, medicinali e il libretto di circolazione dell’auto. Un kit da fuga, che secondo i giudici conferma l’intento lucido e pianificato.
Il video della strage è stato mostrato in aula, insieme a una sfilata di testimonianze: oltre cento persone ascoltate per ricostruire quei minuti di terrore. Le accuse mosse dai pubblici ministeri Giovanni Musarò e Alessandro Lia, con il supporto dei carabinieri del Nucleo Investigativo, sono state tutte confermate: omicidio plurimo aggravato dalla premeditazione e dai futili motivi, tentato omicidio di altre cinque persone — sedute al tavolo del consiglio di amministrazione — e lesioni personali per il trauma inflitto ai sopravvissuti.
Quel giorno, a Colle Salario, Campiti non si limitò a colpire. Mirò per uccidere. Dopo aver freddato le quattro donne, si voltò verso una quinta persona. Ma prima che potesse esplodere un altro colpo, uno dei presenti, Silvio Paganini, ebbe il coraggio di affrontarlo. Gli sì lanciò addosso per disarmarlo. Campiti sparò anche a lui, colpendolo alla guancia.
La pistola usata per compiere la strage era stata sottratta da un poligono di tiro. Un furto calcolato, come calcolato era tutto il resto. Nulla, in quella mattina di dicembre, fu frutto dell’improvvisazione.
La Corte ha riconosciuto la ferocia, la volontà e l’organizzazione. La pena è l'unica che potesse essere inflitta: ergastolo. Ma non cancella il vuoto lasciato da quattro vite spezzate e dalla violenza cieca che ha segnato per sempre una comunità.
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