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Decreti

Guida sotto effetto di droghe: la Consulta chiamata a giudicare la nuova norma

Nel mirino le sanzioni pensali senza prova di alterazione psicofisica

Guida sotto effetto di droghe: la Consulta chiamata a giudicare la nuova norma

La recente modifica all’articolo 187 del Codice della strada, introdotta con la legge n. 177 del 2024, è ora al centro di un giudizio di legittimità costituzionale. A sollevare la questione è stato il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Pordenone, Milena Granata, con un’ordinanza datata 8 aprile.

Nel mirino della magistratura, la parte della riforma che prevede sanzioni penali per i conducenti trovati con tracce di sostanze stupefacenti nel corpo, anche in assenza di uno stato di alterazione psicofisica al momento della guida. Si tratta, per quanto risulta, del primo intervento formale che porta davanti alla Corte costituzionale il superamento del requisito dell’alterazione per l’applicazione della norma penale in materia di guida sotto l’effetto di droghe — una scelta normativa che, sin dall’inizio, ha suscitato ampie perplessità nel mondo giuridico, scientifico e politico.

La nuova formulazione dell’articolo 187 prevede che basti accertare la presenza di sostanze stupefacenti nell’organismo del conducente per far scattare le conseguenze penali e amministrative previste dal Codice. Non è più necessario, dunque, dimostrare che il soggetto fosse effettivamente alterato alla guida, un accertamento che spesso si rivelava complesso da condurre con strumenti e risorse disponibili.

Secondo il gip di Pordenone, la nuova disciplina si pone in potenziale conflitto con vari principi costituzionali. In particolare, vengono richiamati:

  • il principio di eguaglianza, ragionevolezza e proporzionalità delle leggi (art. 3);

  • la necessità di tassatività e determinatezza delle norme penali, nonché il principio di offensività (art. 25, comma 2);

  • la funzione rieducativa della pena (art. 27, comma 3).

Nell’ordinanza si fa riferimento anche alla sentenza n. 23 del 2015 della Corte costituzionale, utilizzata come precedente utile per rafforzare la propria posizione. Il giudice, inoltre, ritiene che non sia possibile una lettura costituzionalmente orientata della norma senza svuotarla del suo contenuto essenziale — un’operazione che, secondo l’ordinanza, spetta unicamente al legislatore.

Quella di Pordenone potrebbe essere solo la prima di una serie di decisioni giudiziarie che rimetteranno alla Consulta il compito di esprimersi sulla legittimità della nuova disciplina. Il dibattito, già acceso, si arricchisce così di un nuovo e significativo capitolo.

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